DUE RUOTE TRA I CANALI
I Paesi Bassi poco conosciuti

 

 

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“ La bicicletta è un modo di accordare la vita 
con il tempo e lo spazio, 
è l’andare e lo stare dentro misure umane.”
 (Sergio Zavoli)

 

Mercoledì 3 luglio
Ieri abbiamo portato al camper molti bagagli, oggi ne abbiamo ancora tanti. Ogni partenza per una lunga vacanza è un mezzo trasloco, però ne vale la pena!
Partiamo dal rimessaggio, intorno alle ore 10.00, orario ideale per non trovare traffico lungo la Paullese e sulle tangenziali. In un’ora siamo a Chiasso e iniziamo a percorrere la Svizzera che, per i suoi stringenti limiti di velocità, sembra avere una grande estensione.
Durante la pausa pranzo, che facciamo prima di transitare per la galleria del Gottardo, ci raggiunge un simpatico e spiritoso SMS di Simone: ”Che lo spirito avventuriero dei pirati navigatori olandesi sia con voi!”
Nel pomeriggio dopo 447 km sostiamo per il pernottamento a Kaysersberg, in Alsazia. Quattro passi per il paese sgranchiscono i muscoli e rallegrano lo spirito, perché ammiriamo della vera bellezza.

Giovedì 4 luglio
La giornata inizia con una doccia fredda, nel vero senso del termine.
Infatti, prima di partire, carichiamo il camper d’acqua. Giuseppe è al rubinetto e Paola tiene il tubo di tessuto. Lo introduce nel bocchettone del camper e l’acqua inizia a fluire bene, poi Giuseppe apre ancora un po’ il rubinetto. L’aumento improvviso della pressione fa scappare il tubo dalle mani di Paola, che si doccia. Per sua fortuna il sole già caldo la asciuga rapidamente.
Il viaggio verso Maastricht è molto trafficato fino a Strasburgo, poi prosegue in modo più tranquillo, anche se spesso rallentato dai limiti di velocità, imposti dai numerosi cantieri, che riducono la marcia in un’unica corsia.
Mentre in Italia si eroga il reddito di cittadinanza, in Francia, Germania e Belgio si aprono cantieri, così si crea lavoro e si mantiene in ordine il patrimonio stradale.
Nel tardo pomeriggio, dopo aver percorso poco più di 500 km, arriviamo all’area si sosta di Maastricht. E’ piuttosto piena, ma uno stallo tra un camper tedesco e un mezzo olandese, è lì che ci aspetta.

Venerdì 5 luglio
Dopo due giorni impegnativi, ce la prendiamo comoda. Ci alziamo alle ore 9.00. Con una breve camminata andiamo a comprare il pane in Belgio. L’area camper è proprio prossima al confine e la bakery più vicina è nel paesino che sta oltre il confine. Bella cosa l’abolizione delle frontiere!
Nel pomeriggio con le biciclette andiamo in città. Il centro dista dall’area camper tre chilometri ed è collegato con una pista ciclabile. Arrivati, troviamo la piazza del Markt occupata dal mercato, bello ma in pieno caos, perché sta smobilitando. Anche la via pedonale è oltremodo congestionata. Maastricht, diventata famosa per gli accordi sull’Unione Europea del 1991, che portano il suo nome, è una città antica. Di origine romana, conserva ancora una grande testimonianza di quell’epoca.
Decidiamo di visitare la città in un altro giorno. Col navigatore per la bicicletta organizziamo un giro intorno alla città. Raggiungiamo la Mosa. Qui tra i tavolini di un locale una banda sta suonando. Sostiamo per qualche istante, poi riprendiamo a pedalare. Oltrepassiamo il fiume sul ponte ciclabile, percorriamo per circa dieci chilometri la pista che lo costeggia e poi torniamo indietro. Entriamo in centro. Nella chiesa di Sint Servaas prendiamo nota degli orari delle messe festive. Infine rientriamo all’area camper.
I nostri vicini sono cambiati, ma abbiamo sempre a sinistra un equipaggio tedesco e a destra un camper olandese.

Sabato 6 luglio
La mattina trascorre tranquilla, mentre Giuseppe prepara la gita del pomeriggio. Fa caldo e il sole picchia forte. Noi impavidi alle ore 14.30 indossiamo i caschetti, inforchiamo le biciclette e iniziamo a pedalare seguendo il giro programmato. Usciti dall’area camper, giriamo a destra e ci dirigiamo verso il Belgio. Qui la ciclabile percorre l’argine della Mosa. Il primo tratto è immerso nel bosco. La verde galleria dona una piacevole frescura. Giunti al ponte, passiamo sull’altra sponda del fiume. Il paesaggio cambia. Siamo circondati da campi di grano già mietuti, ma che hanno ancora delle spighe sui bordi. La Mosa scorre placida e nelle sue lanche le famiglie degli uccelli acquatici trascorrono la loro giornata. Al nostro sopraggiungere alcune anatre, starnazzando, si alzano in volo alla ricerca di un posto migliore. Raggiungiamo un attracco, dove un piccolo traghetto, che porta solo dodici persone e le loro biciclette, ci consente di riattraversare la Mosa e di continuare il giro. Siamo di nuovo nei Paesi Bassi. Transitiamo per un paesino le cui casette costruite con gli scuri mattoncini si stringono intorno alla chiesa, circondata dal cimitero.
Dopo una salutare sosta, riprendiamo a pedalare. Un breve tratto di sterrato ci fa capire che il nostro fisico è un po’ affaticato. Ci consola il fatto, che abbiamo già superato la metà del chilometraggio previsto. Lungo un viale alberato, che profuma di tigli in fiore, si affaccia un bianco palazzotto, casa di campagna di qualche nobile. Nuova sosta per fotografarlo. Le ultime pedalate sono lungo la ciclabile che costeggia una grande arteria periferica di Maastricht. Essa ci conduce alla strada, dove è situata l’area camper. Dopo 28 km la doccia è ciò che ci vuole per rinfrescarci.

Domenica 7 luglio
Oggi giornata di riposo. Col bus n.45 delle ore 10.40 ci rechiamo in città. Partecipiamo alla messa nella chiesa di Sint Matthias, prossima al Markt. Essa è un bel luogo di culto di stile gotico, edificato verso la fine del XIV secolo per volontà della corporazione dei tessitori.
Dopo aver santificato la giornata, nella piazza del Markt, completamente libera ammiriamo il possente Stadhuis, sede del municipio. Al centro della piazza alcune ragazze stanno copiando dal vero gli edifici d’angolo. Su un lato della piazza hanno allestito un mercatino dell’antiquariato. Ci sono bancarelle davvero interessanti, con bella merce. Sono in vendita: stufe economiche, ceramiche, gioielli d’epoca, pupazzi fatti a mano con l’uncinetto.
Passeggiamo nell’area pedonale. I negozi espongono i saldi. I marchi, che sono i soliti delle grandi città, non ci attirano, sono però ospitati in eleganti edifici del XVII e XVIII secolo, dalla caratteristica architettura nord europea. Giungiamo nell’ampia piazza Vrijthof. E’ tutta alberata, ospita nel suo centro caffè e ristoranti. Visitiamo la chiesa di Sint Servaas, che ha al suo ingresso una cappella dedicata alla Madonna Stella del Mare. Pranziamo e completiamo la visita della città recandoci alla Basilica di Sint Servaas, la più antica chiesa dei Paesi Bassi. Molto bello è il suo portale, ornato di sculture e statue.
Ritorniamo al camper a piedi, così superiamo l’obiettivo dei diecimila passi giornalieri.

 

Lunedì 8 luglio
Ci alziamo sotto un cielo bigio e freddo, sul camper la temperatura è di14° C scarsi. Per nostra fortuna oggi è una giornata di trasferimento. Lasciamo la regione del Limburgo per giungere in quella dello Zeeland. Come ogni stato, anche i Paesi Bassi, che erroneamente sono chiamati Olanda, sono suddivisi in regioni. L’Olanda è una di esse. Il Limburgo è la regione condivisa con il Belgio. La parte appartenente ai Paesi Bassi è una sottile lingua che s’incunea tra il Belgio e la Germania.
La strada più breve per giungere a destinazione è quella che ci fa puntare a nord, transitando per il Belgio. Usciti dall’area camper, svoltiamo a destra e percorriamo la strada che conosciamo fino al paese di Vlandeeren, poi continuiamo seguendo l’indicazione Genk. La strada è immersa in un fitto bosco di querce appartenente a un Parco Nazionale. A Genk, dopo aver provveduto ai nostri bisogni alimentari e a quelli del camper, ci immettiamo in autostrada, direzione Anversa. Si viaggia bene, anche se c’è un notevole traffico camionale, che però rispetta i suoi limiti di velocità. In prossimità della grande città, importante porto commerciale, il traffico si compatta e la velocità scende per tutti sotto i 50 km/h. Dopo lo svincolo per Bruxelles la scorrevolezza autostradale riprende. Riusciamo ad evitare un blocco causato da un incidente, perché è presente appena prima della nostra immissione nell’ultimo tratto di autostrada, che penetra una delle isole dello Zeeland, regione che si protende sul Mare del Nord con una serie di isole, comprese tra le foci della Schelda, della Mosa e del Reno. Queste terre sono dei polders, suolo strappato al mare, costruendo dighe di sbarramento e operando bonifiche d’interramento.
Ora le nuvole si muovono veloci e aprono ampie finestre d’azzurro. Decidiamo di sostare nel cuore dell’isola, che ha come centro principale Middelburg, per avere la possibilità di fare dei giri in bicicletta. Innumerevoli sono i campeggi. La nostra scelta cade sull’agri-campeggio Krabbeneiland nel comune di Biggekerke. Ci accoglie una giovane signora, che non sa parlare inglese, come quasi tutti in questo Paese, ma parla tedesco. Ecco che entra in gioco Paola. La piazzuola dove sostiamo è molto ampia. La signora Evelin ci spiega come funzionano i servizi e ci dice che in Italia ha un’amica, un’italiana che ha sposato un olandese e vive nell’Italia settentrionale.
Dopo esserci sistemati, giriamo per il campeggio. Ha ottimi servizi. Esso è inserito in una fattoria con polli, anatre, oche, tacchini e mucche. C’è persino un daino. Inoltre vende latte, yogurt e uova. Questo campeggio offre ai bambini bei giochi: altalene, scivoli e tante automobili a pedali. Come piacerebbe a Niccolò. Gli telefoniamo e glielo descriviamo. Niccolò ci dice: “Aspettatemi, arrivo!” Che tenero!
Le ultime ore del pomeriggio le trascorriamo in completo relax.

Martedì 9 luglio
Questa mattina, dopo il brunch, iniziamo un’escursione in bicicletta. La meta è il Mare del Nord. Il sole è caldo, ma l’aria è frizzante e c’è pure un po’ di vento. Com’è consuetudine in questo Paese l’itinerario è ben segnalato, basta seguire le indicazioni, che si trovano ai nodi, cioè agli incroci delle ciclabili. Noi poi abbiamo anche il navigatore delle ciclabili, che ci aiuta a orientarci. Pedaliamo dentro un paesaggio incantevole, dove il colore verde prevale su tutti gli altri. Il territorio completamente pianeggiante è coltivato in ogni suo metro quadrato. Osserviamo distese immense di campi di patate i cui fiori bianchi, fremendo al soffio del vento, sembrano delle farfalle. Il verde smeraldo dei campi di mais contrasta con l’oro del frumento maturo. Attraversiamo piccoli paesi, le loro casette semplici e basse, hanno ampie finestre che si affacciano su giardini ricchi di una grande quantità di specie floreali. Alcune casette hanno esposto fuori dalla bassa siepe, che le delimita, delle cassette con della merce in vendita: ortaggi, frutta, piccole piante grasse.
E’ un modo intelligente per non sprecare e per incrementare di un po’ di euro le proprie entrate.
Si pedala bene e senza preoccupazione sulle ciclabili, che sono ampie e segnate con la linea di mezzeria, se sono a doppio senso, leggermente più strette, se sono a senso unico.
Un ponticello di legno ci consente di superare un canale e di passare da un’isola all’altra. Poco più avanti vediamo in lontananza un’enorme macchia bianca. Sembra un soffice cuscino di ovatta. Mentre ci avviciniamo quel bianco svela il suo mistero. E’ un esteso campo di margherite. Sostiamo. Lo stupore per questa meraviglia ci riempie il cuore. Questi semplici e umili fiori solari donano luce alla vita. Peccato non poterli cogliere e metterne alcuni sul camper. Dopo una quindicina di chilometri arriviamo a Oostkapelle, un piccolo paese, che si affaccia al Mare del Nord. Lo attraversiamo. Come tutti i paesi di mare, è votato al turismo. La sua via principale è colorata dagli empori che vendono abbigliamento e prodotti per i giochi di spiaggia. Giungiamo ai piedi della duna sabbiosa, che separa il mare dalla terra ferma. Leghiamo le biciclette nel posteggio già gremito e a piedi raggiungiamo la spiaggia. C’è bassa marea, il biondo litorale è separato dal mare aperto da una pozza d’acqua che non è riuscita a ritirarsi. Sono ormai le ore centrali della giornata. Il sole, pur essendo caldo, non scotta. Alcuni bagnati si riparano rimanendo coricati sotto le tendine paravento. Nel cielo volteggiano gli aquiloni e al largo si muovono agili le barche a vela. Dopo la breve sosta riprendiamo le biciclette ripercorriamo a ritroso la strada fino al campeggio. Un frutto e il caffè ci fanno recuperare l’energia spesa.
Poi un’allegra musichetta richiama la nostra attenzione. Siamo curiosi. Usciamo dal camper e andiamo a vedere cosa sta succedendo. E’ arrivato il furgone del gelataio. Compriamo il gelato al gusto di yogurt. E’ fresco e buono, anzi buonissimo!

Mercoledì 10 luglio
Il cielo completamente bigio e l’assenza di vento non promettono un rapido cambiamento. Decidiamo di regalarci una giornata di riposo. Dopo la colazione ci incamminiamo verso Biggekerke, il paesino più prossimo alla fattoria. Nel campo, che ci sta di fronte e che costeggia la strada, una mietitrebbiatrice sta raccogliendo il grano. A noi cittadini non capita spesso di osservare da vicino le operazioni agricole. Ci fermiamo sul ciglio della strada e con i cellulari scattiamo qualche fotografia. Giuseppe, però, ha fatto suo il motto del famoso fotografo ungherese Robert Capa: “Se le vostre foto non sono abbastanza buone, non siete abbastanza vicini”, quindi avanza tra le canne, che separano la strada dal campo e... sparisce lanciando un improperio. Riemerge completamente infangato, perché è caduto nel fosso, che era celato nel canneto. Non possiamo far altro che ritornare in campeggio. Giuseppe deve cambiarsi da capo a piedi. Per fortuna il cellulare e il portafogli con i documenti sono rimasti miracolosamente asciutti.
Il nostro programma cambia. Sperando in un tempo clemente, indossiamo i caschetti e con le biciclette ci indirizziamo verso Middelburg. Pedaliamo velocemente. Le gite già fatte ci hanno temprato. La ciclabile affianca la strada, che si snoda tra i polders, alcuni destinati a erbaio, altri a pascolo, altri ancora sono coltivati a cereali o a produzioni orticole: coste, patate,zucche. Arriviamo a Middelburg. Le villette della periferia raccontano che per questo popolo la floricoltura è una regola di vita. I giardinetti sono un’apoteosi di colori. I fiori e le pianticelle sono sistemati e accostati con saggezza e gusto. Il profumo dei tigli, che ombreggiano la strada, è intenso e inebriante. In prossimità del centro, leghiamo le biciclette e proseguiamo a piedi. Middelburg è la città capoluogo dello Zeeland. Ha origini che risalgono al XII secolo. Circondata da canali, ha basato il suo sviluppo sul commercio di scambio con la Francia e l’Inghilterra. Il suo massimo splendore lo ebbe nel XV secolo. La piazza del Markt è dominata dallo Stadhuis. Esso è stato costruito tra il 1452 e il 1520. Nel 1940 ha subito un pesante bombardamento per opera dei tedeschi. E’ stato ricostruito e restaurato secondo il modello originale. Ha una bellissima facciata in gotico fiorito, ornata di statue con una torre centrale e delle torrette angolari, unite al corpo principale con archi rampanti. Un angolo della piazza fa intravedere un’altra alta torre ottagonale. Percorriamo la via e ci troviamo davanti a una grande costruzione formata da palazzi e da due chiese. Una chiesa è chiusa, perché in ristrutturazione, l’altra è aperta. E’ una chiesa evangelica con un bell’organo. Il suo chiostro cinquecentesco ha volte reticolari. Completiamo la visita della città passando attraverso la Porta, che un tempo conduceva fuori dalla città e ora immette nella via dello shopping. Percorriamo questa strada, che ci riporta alle biciclette. Riprendiamo a pedalare lungo la strada già percorsa. Dopo pochi chilometri iniziano a scendere dei goccioloni, grossi e radi. Non ci preoccupano, però dopo pochi minuti diventano uno scroscio, che ci obbliga a una breve sosta per indossare le giacche impermeabili. Rimontati in sella, pedaliamo velocemente, arriviamo in campeggio nel momento in cui la pioggia cessa. Il pranzo che Paola prepara è davvero appetitoso. Alle ore 14.00 la carbonara annulla le calorie spese nella mattina. Nel pomeriggio per non distogliere il pensiero dai pedali, guardiamo in televisione la quinta tappa del Tour de France.

Giovedì 11 luglio
Quanto è buono il latte appena munto! Questa mattina la colazione la facciamo con il latte della fattoria.
Alle ore 10.30 iniziamo la gita. In sella, anche oggi, ci dirigiamo verso il Mare del Nord. Il cielo è grigiastro, c’è vento, le previsioni indicano un miglioramento. Ci copriamo indossando la felpa e per precauzione portiamo le giacche impermeabili. Il primo tratto ha la ciclabile che costeggia la strada. Raggiunto il mare, facciamo una breve sosta. Saliamo sulla diga, che protegge il territorio retrostante, che è sotto il livello del mare di dieci metri. Il vento spira impetuoso. Il mare è mosso e grigio. Oggi non ci sono i bagnati sulla spiaggia bianca e finissima. Riprese le biciclette, la ciclabile dapprima si snoda alla base della diga, che ci protegge dal vento, poi sale sulla diga allargandoci lo sguardo su dettagli interessanti e incantevoli: in lontananza vediamo un faro. Lo raggiungiamo e la fotografia fissa il nostro ricordo. Continuiamo fino al paese Westkapelle. Qui ci fermiamo ancora. Sulla sommità della diga c’è un carro armato, è un tank inglese, che sbarcò il 3 ottobre 1944, dopo il massiccio bombardamento volto a distruggere le fortificazioni di difesa tedesche. L’offensiva provocò enormi danni al paese e causò la morte di 175 persone. Osservando il mezzo, gli ingranaggi dei cingoli sembrano dei visi con gli occhi sgranati e la bocca aperta in un grido di spavento e orrore.
Risaliamo in sella. Ora il vento sta liberando il cielo. Le occhiate di sole sono calde, ma l’aria è ancora fresca. Alle ore 13.00 arriviamo a Domburg, che sorge sulla costa settentrionale dell’isola. E’ una cittadina turistica. Giuseppe, che soffre il freddo alle braccia, vorrebbe trovare un giubbetto più caldo. Entriamo in un grande magazzino, le felpe ci sono, ma Giuseppe dice: “Non mi piace il colore”, nel senso che costano troppo. Ci avviamo all’uscita. Varcando la soglia, l’allarme antitaccheggio suona. Ci rincorre un addetto e ci chiede di verificare se abbiamo qualcosa con noi. Giuseppe dice che non abbiamo nulla. Facciamo vedere i cellulari, il navigatore della bicicletta, le chiavi del camper. L’addetto non è convinto e chiede a Giuseppe di aprire il suo giacchino e nella fodera scopre l’inghippo. Giuseppe non ha tagliato la marca antitaccheggio che Decathlon aveva applicato. L’addetto ci invita a entrare e gliela taglia. Tutta la conversazione avviene in inglese. Completata l’operazione, ci riaccompagna all’uscita e ci chiede da dove veniamo. Saputo che siamo italiani s’illumina. Ci dice che il suo cognome è Capello e che i suoi avi sono giunti molto tempo fa dall’Italia. Ci scusiamo per l’inconveniente, lui ci augura una buona continuazione della nostra vacanza.
Ormai ci attendono gli ultimi chilometri. Il sole ha vinto la sua battaglia. Togliamo la felpa e dopo poche pedalate siamo di nuovo fermi. La ciclabile passa accanto a un mulino a vento. E’ il primo della vacanza, non possiamo ignorarlo. Rimontiamo in sella. Testa bassa e forza sui pedali ci riportano alla farm, che ci ha donato tre giorni rilassanti e di autentico riposo.

Venerdì 12 luglio
Questa mattina lasciamo l’ottimo agri-campeggio. Paghiamo la sosta ed Evelin ci chiede se ci siamo trovati bene. “Benissimo” rispondiamo noi. Evelin ci ringrazia e ci regala una dozzina di mele del suo frutteto.
Lo spostamento che abbiamo previsto è di poco più di due decine di chilometri. Oggi sarà principalmente una giornata di servizio. Infatti, provvediamo subito alla spesa, poi raggiungiamo Kamperland, un paesino turistico, che sorge su un’isola strappata al Mare del Nord. Essa è collegata con quella che lasciamo con dei ponti. L’area camper è dotata delle macchine necessarie al bucato, che facciamo subito. Di pomeriggio ci incamminiamo per una passeggiata di un paio d’ore lungo il mare. Lo specchio d’acqua è molto sfruttato per gli sport acquatici: sci nautico, surf, vela. Le oche selvatiche nuotano indifferenti un po’ più in là, dove l’acqua non è occupata dall’uomo. Le ville, che si affacciano al mare, sono davvero belle. Le ampie vetrate lasciano intravedere ambienti ben arredati. I giardini ben tenuti e fioriti ospitano salottini davvero invitanti.

Sabato 13 luglio
Dividiamo il viaggio di trasferimento in due tappe. La prima è breve. Con una decina di chilometri raggiungiamo il Delta Expo, dove attraverso filmati ed esposizioni introduce alla comprensione della mastodontica impresa operata da questo popolo in difesa del territorio strappato al mare. Il museo accoglie i visitatori mettendo in mostra lo scheletro di un mammut ricostruito con le ossa trovate durante i lavori di costruzione delle dighe. Dal punto di vista ecologico, fa riflettere il grande pesce costruito con i rifiuti recuperati o restituiti dal mare: reti, rottami, guantoni di gomma, tessuti, corde, bottiglie di plastica, pezzi di polistirolo espanso... Il filmato Ocean 3, parlato in olandese, con i sottotitoli in tedesco, mostra le fasi della costruzione della grande diga. Un plastico rappresenta l’imponente lavoro attuato: il sistema di dighe a mare e interne è lungo complessivamente 25 km, esso riduce la lunghezza delle coste esposte alla violenza del mare di ben 700 km. Impressionante è il Ramp 1953, che fa vivere da dentro l’ultima disastrosa burrasca, che portò il Parlamento ad approvare la costruzione della titanica opera d’ingegneria idraulica. Il fiume Schelda sfocia nel Mare del Nord con un delta perché l’impetuoso moto ondoso e le maree impediscono al fiume di portare in mare tutto il materiale detritico che trasporta. Le isole che si sono formate nel tempo, grazie al loro suolo fertile, hanno favorito l’insediamento umano. Per centinaia d’anni gli abitanti del territorio hanno lottato contro le tempeste e per questo fin dai tempi antichi hanno costruito barriere di sassi e sabbia. La prima tempesta di cui si ha memoria è del 1134.
Il 31 gennaio 1953 la tempesta fu catastrofica. Per tutto il giorno il vento fortissimo aveva agitato il mare, ingrossando sempre più le sue onde, che implacabilmente si abbattevano sulle misere difese costiere. Alle ore 20.00 la tempesta raggiunse il decimo grado della scala Beaufort e con le sue onde alte e pesanti riuscì a crearsi un varco e a penetrare oltre le fragili dighe. Fu una tragedia: 200.000 gli ettari di terra inondati, 1835 le vittime, 72.000 le persone evacuate. Due anni più tardi fu istituita una commissione per valutare i costi e i benefici della costruzione di dighe resistenti alla furia del mare. Il 5 novembre 1957 il Parlamento approvò il progetto. Nel 1970 sono appaltati i lavori, che iniziano nel 1979 e terminano nel 1986. L’inaugurazione ufficiale avviene il 5 novembre 1987, alla presenza della regina Beatrice, a trent’anni dall’approvazione dell’opera da parte del Parlamento.
Prima di procedere alla costruzione della diga è stato fatto un lavoro di rafforzamento degli argini del ramo orientale dello Schelda e si è operato anche sul letto del fiume e sul fondo del mare in concomitanza della foce. E’ stato costruito un materasso di sassi, legno e ghiaia, perché la riduzione del letto del fiume avrebbe fatto aumentare la corrente e quindi i processi di erosione. Visitiamo la diga principale. La guida, che parla in olandese, inglese e tedesco, dice che è costituita di 65 pilastri, alti 30 o 40 metri, secondo la necessità, del peso di 17.000 t ciascuno. Il lavoro per il loro posizionamento è stato per le prime tre settimane subacqueo, poi in superficie, mediante l’uso di pontoni. Le rocce necessarie sono state importate dalla Germania, dalla Svezia e dalla Finlandia. Lungo tutto il delta sono stati depositati quattro milioni di metri quadrati di sassi. La diga è mobile. Dei grossi stantuffi sono spinti verso il fondale quando le tempeste sono troppo aggressive, altrimenti i passaggi rimangono aperti e consentono il normale deflusso delle acque del fiume e le correnti di marea. In questo momento i varchi sono aperti e osserviamo la corrente di alta marea che dal mare porta acqua dentro il delta. Il costo totale dell’opera è stato di 5,5 miliardi di fiorini, pari a 2,5 miliardi di euro.
Terminata l’interessante visita, pranziamo sul camper con dei panini e iniziamo la seconda tappa della giornata di poco più di 100 km. Lasciamo la regione dello Zeeland e ci spostiamo in quella del Brabante, che sta alle sue spalle. Posteggiamo nell’area camper MPS Brabant del paese Etten-Leur. E’ una piccola area che si affaccia a un porticciolo. Ci sono già in sosta quattro camper targati NL. I camperisti alla nostra sinistra sono due coniugi di circa la nostra età. Mentre arriviamo, ci salutano, poi quando scendiamo dal camper, l’uomo avvicina Giuseppe. Parla l’italiano, un po’ stentato ma chiaro. Dice che vent’anni fa ha vissuto per un triennio in Italia, a Bagnoli, lavorando per la NATO. E’ un tipo davvero curioso. Più alto di Giuseppe, magro, ha il viso ornato da un paio di baffi asburgici. I suoi piccoli occhi azzurri ammiccano con furbizia dietro un paio di occhiali senza montatura, tutte le volte che gli suggeriamo il termine italiano, quando non riesce a trovarlo nei suoi cassetti della memoria.
La telefonata di Daniele ci fa concludere bene la giornata.

Domenica 14 luglio
E’ piovuto nella notte e nelle prime ore del mattino. Ora il cielo è ancora completamente coperto da diversi strati di nubi. Quelle bianche e vaporose stanno in alto a cornice di un quadro più plumbeo. Più in basso strisce grigiastre tengono appesi ciuffi neri, che potrebbero scaricare il loro umido peso da un momento all’altro. Le previsioni scientifiche anche per oggi non sono buone. Dopo aver santificato la domenica, usiamo la giornata per un altro breve trasferimento. Pur rimanendo nella regione del Brabante, ci spostiamo ancora un po’ verso l’interno nella zona di Tilburg. Ci fermiamo nel mini-camping De Zandley, che dista circa tre chilometri dal paese di Undenhout.

Lunedì 15 luglio
Anche oggi la giornata si presenta grigia, però il meteo non prevede pioggia. Nonostante la temperatura sia fresca, decidiamo di metterci in sella. Giuseppe ha organizzato un giro di una trentina di chilometri, che passa per la cittadina di Tilburg. Siamo nel nord del Brabante, la zona è ricca di boschi e dove è coltivata ci sono frutteti di mele e per ed erbai, che alimentano il fiorente allevamento bovino. Le ruote corrono veloci accanto alle fattorie. Il collegamento tra due ciclabili è un breve tratto sterrato. Tilburg mostra ai nostri occhi l’aspetto più brutto di questo Paese. La sua periferia ci ricorda i trasandati paesi britannici, che abbiamo visto lo scorso anno. Superiamo il canale che lambisce la città, passando su un ponte levatoio. Qui abbiamo un’esitazione, perché non riusciamo a capire dov’è il centro. Il navigatore delle ciclabili non è d’aiuto, perché nelle città ogni via è affiancata dalla ciclabile. Passa una ragazza, ha la bicicletta arancione come i suoi capelli. Le chiediamo dov’è il centro, ci indica una via da seguire. Di nuovo in sella, proseguiamo, ma siamo ancora in una zona residenziale. Paola chiede a un anziano. Che sta uscendo da un portone. In tedesco risponde di girare a destra. Bene, proseguiamo secondo l’indicazione. Ci infiliamo in una via che ha il senso unico contrario, ma non per le biciclette. Troviamo conferma della giusta direzione chiedendo a unpoliziotto. Arriviamo in centro. E’ tutto un cantiere. Le case ottocentesche sono intrappolate tra palazzi moderni. Il paesaggio complessivo è piuttosto triste. Nella piazza principale la chiesa di San Giuseppe, di stile gotico, è ufficialmente chiusa, però gli operai ci lasciano entrare per qualche minuto.
Lungo la strada del ritorno troviamo un mulino. Subito il pensiero corre ai nostri amici Gabriella e Sergio, che ci hanno chiesto una bella fotografia da postare su Fb, come amici di Spiciulart bike tour. Sostiamo e chiediamo a un signore di passaggio il piacere di scattare la foto inquadrandoci con le bici e come sfondo il mulino.
Ne scatta due. Lo ringraziamo e riprendiamo a pedalare. Terminiamo il giro alle ore 14.00. Penne al ragù e frutta ci ritemprano.

Martedì16 luglio
Bellissimo risveglio. Nel giorno del nostro quarantaduesimo anniversario di matrimonio abbiamo già nei nostri cellulari gli auguri di Daniele, seguiti da quelli di Mara. Postiamo sui nostri stati la fotografia del 1977 e quella scattata ieri, poi dopo la colazione iniziamo la gita in bicicletta.
Oggi andiamo a visitare il National Park De Loonse en Drunense Duinen. E’ una striscia di terra, lunga 10 km e larga 3 km, costituita da dune sabbiose, moderatamente ricoperte dal bosco e in gran parte ancora esposte e prive di vegetazione.
Le ciclabili che dobbiamo seguire inizialmente sono i numeri 22, 21 e 33. Usciti dal campeggio, svoltiamo a destra e dopo un paio di chilometri raggiungiamo l’ingresso del Parco. Qui abbandoniamo la strada e ci addentriamo dove solo i pedoni, i ciclisti e i cavallerizzi hanno libero accesso. Il percorso inizialmente si snoda nel bosco. E’ una foresta mista di latifoglie e di conifere: querce, faggi, betulle, abeti rossi e pini. Fiorente è pure il sottobosco costituito da arbusti spinosi e dove è più umido da felci. Dalla sella della bicicletta si vede il mondo un po’ dall’alto. Improvvisamente l’orizzonte si allarga. Siamo usciti dal bosco e intorno a noi delle bionde dune di sabbia finissima si allungano fino alla striscia scura degli alberi, che là in fondo fermano lo sguardo. Ci fermiamo. Ammiriamo tanta bellezza con lo stupore che prende l’animo quando si osserva per la prima volta un nuovo volto della natura.
Riprendiamo a pedalare e ci addentriamo nuovamente nel bosco. Il silenzio che fin qui ci ha accompagnato è ora interrotto dai trilli e dai cinguettii degli uccelli. Incrociamo diversi ciclisti. Alcuni seguono la nostra direzione e ci superano agilmente, perché pedalano sulle e-bike. Completata la ciclabile 22 sostiamo presso il bar e saliamo sulla duna. In cima a essa un nonno, dalla folta e incolta barba bianca sta scavando una buca con i suoi due nipotini. Si ferma. Capisce che siamo stranieri e ci chiede da dove veniamo. Poi conosciuta la nostra nazionalità, ci chiede se parliamo inglese. La conversazione con Giuseppe inizia. Ci racconta che con sua moglie ha attraversato il Parco nel senso della larghezza e che durante la traversata è riuscito a vedere due volpi e alcuni cervi. Giuseppe gli chiede se al termine della camminata sulla sabbia erano stanchi. Sorride e risponde che qui c’è un bar e anche dall’altra parte c’è un locale di ristoro. Ci salutiamo cordialmente, scendiamo dalla duna e riprendiamo a pedalare. L’ultimo tratto ci introduce in un bosco ancora più fitto e meno frequentato. Al termine di questo segmento ci troviamo in un piccolo villaggio contadino con le case dal tetto di paglia. Poi le ciclabili che una dopo l’altra ci riportano al campeggio sono tutte adiacenti alle strade. Quando arriviamo a Undenhout ci fermiamo al supermercato Jumbo per comprare qualcosa di sfizioso per la nostra cenetta.
Nel pomeriggio seduti al sole riposiamo e rispondiamo con gioia agli auguri che amici e cugini ci inviano.
La giornata termina con gli auguri di Simone ed Eileen, che ci inviano anche una loro fotografia.

Mercoledì 17 luglio
Dopo tanti giorni bigi, finalmente splende il sole. Organizziamo la giornata come un tempo di semi riposo. Di mattina ci rechiamo a piedi al National Park De Loonse en Drunense Duinen. Il parco è conosciuto come Sahara del Brabante, perché la temperatura della sabbia può arrivare a 50° C di giorno e quasi gelare di notte. Entriamo in esso attraverso un sentiero riservato esclusivamente ai pedoni. Esso ci conduce dopo poche centinaia di metri sulla cima di una duna, per metà già colonizzata dalla vegetazione. Dalla sommità lo sguardo dilaga su un panorama mozzafiato. Abbiamo davanti a noi la bianca distesa desertica, a tratti abitata da isolati ciuffi d’erba. Scendiamo la duna e iniziamo a camminare sul soffice e polveroso terreno, increspato dal vento. Superiamo la zona permessa anche ai cani e continuiamo faticosamente a camminare, affondando un po’ nella sabbia. Lontano, oltre la lucente distesa, il verde scuro del bosco traccia il confine del parco, che ieri abbiamo percorso in bicicletta. Sostiamo estasiati. Siamo immersi in un’oasi di pace. E’ incredibile, nel cuore dei Paesi Bassi un deserto sabbioso! Lontano da tutto e da tutti siamo distratti solo dal ronzio di qualche insetto. Tante fotografie ci aiutano a fissare il ricordo. Il sole scotta, la sabbia riverbera il calore assorbito. Fa caldo. Ritorniamo sui nostri passi. Ora lo sguardo è rivolto verso il basso e ancora ci emozioniamo. Troviamo ben visibili le impronte della volpe e quelle dei cervi, invece sono quasi scomparse, perché piuttosto infossate, quelle leggere di un volatile, che sembrano un ricamo. Ritorniamo al camper per il pranzo. Nel pomeriggio ci defatichiamo facendo un breve giro in bicicletta. Raggiungiamo ancora il Parco e lo penetriamo solo per un breve tratto. Sbuchiamo nel paese Loon op Zand, lo attraversiamo. Ha belle casette con grandi verande senza imposte e giardini delimitati da basse siepi. Certo qui la vita scorre tranquilla e senza pericoli! Che bel vivere!
Appena fuori dal paese incrociamo una carrozza trainata da un possente cavallo. Ora la ciclabile affianca la strada sulla quale si affacciano grandi fattorie. Finalmente abbiamo l’occasione di fotografare da vicino le rinomate vacche pezzate. Lungo l’ultimo tratto di strada, sostiamo presso una chiesetta dedicata a Maria. Preghiamo e poi raggiungiamo il campeggio.

Giovedì 18 luglio
Ci alziamo mezz’ora prima del solito, perché oggi abbiamo programmato una gita che ci farà battere il nostro record in sella. La meta è ‘s Hertogenbosch, una cittadina storica, che la guida Touring consiglia di visitare.
Usciamo dal campeggio e ci dirigiamo verso il Parco Nazionale, senza però raggiungerlo perché la ciclabile che dobbiamo seguire piega a destra. Oggi non c’è il bel sole di ieri e il meteo prevede anche un po’ di pioviggine nella giornata. Noi siamo equipaggiati per ogni evenienza. Dopo i primi chilometri, le gambe iniziano a mulinare bene. Le ciclabili che percorriamo sono sempre ben segnalate e scorrevoli. Sono tagliate lontano dalle strade e si snodano nei boschi. A tratti costeggiano delle fattorie, che hanno i loro bovini al pascolo. Sono possenti animali di razze da carne. Lo capiamo osservando la loro struttura particolarmente muscolosa nella parte posteriore del corpo.
Dopo una decina di chilometri, la ciclabile costeggia il lago De I Jzeren Man. E’ uno specchio d’acqua lungo e stretto, sfruttato per gli sport acquatici. Giunti a ‘s Hertogenbosch, posteggiamo le biciclette nella piazza della cattedrale dedicata a San Giovanni Evangelista. La chiesa è un bell’edificio costruito nel XVI secolo in stile gotico fiorito. La chiesa è cattolica, ma nel corso della sua storia, dal 1629 al 1810, è stata un tempio di culto riformato. Entriamo. La luce, che penetra attraverso i vetri istoriati dellegrandi polifore, le danno un chiarore particolare, che fa risaltare le volte a sesto acuto ornate di fregi floreali. Molto belli sono il pulpito di legno intagliato del 1550 e l’organo rinascimentale. Il coro è circondato da cappelle votive ornate di affreschi e trittici. Nel suo pavimento sono inumati i vescovi della diocesi. Sostiamo a pregare nella cappella del Santissimo Sacramento. Poi visitiamo la cappella delle icone e infine quella della Madonna, che è in fondo alla chiesa e ha una statua lignea della Vergine risalente al XIII secolo.
Usciamo e giriamo intorno all’edificio, che è in ristrutturazione nell’ala dove si apre il portone principale. Il portale è popolato di statue. Continuando lungo la strada arriviamo al Markt. La piazza è molto ampia e a essa si affaccia lo Stadhuis del XVII secolo.
Ritorniamo dove, abbiamo posteggiato le biciclette. E’ ormai passato mezzogiorno. Sostiamo al tavolino di un locale e recuperiamo le energie spese prendendo una bevanda calda e mangiando un dolce. Il problema da superare è quello di ordinarlo. Il menù è scritto solo in olandese. La cameriera è comprensiva, capisce che non sappiamo spiegarci a voce, intuisce il nostro gesto, che descrive la forma di una sfera e la parola chocolat. In poche parole desideriamo la palla di cioccolato che vediamo trionfare su molti tavolini. La cameriera ci indica sul menù il nome: Bossche Bol. Dopo pochi minuti, siamo accontentati. A cosa serve pedalare tanto, se poi facciamo i golosoni? Dovendo affrontare ancora una ventina di chilometri è comunque meglio assumere carboidrati. Dopo l’utile sosta, rimontiamo in sella. La strada del ritorno solo nella prima parte ricalca quella dell’andata, perché dobbiamo passare da Udenhout dove acquistare il pane e il latte. Raggiungiamo la nazionale N65. La ciclabile la costeggia. Ora si è alzato il vento. Spira in modo piuttosto impetuoso e come spesso accade lo abbiamo contro. L’abbondante vegetazione, il traffico non particolarmente intenso e il vento sempre presente, sono gli elementi che liberano questo Paese da ogni problema d’inquinamento atmosferico.
Giunti a Udenhout, sostiamo al supermercato e poi con un’ultima pedalata raggiungiamo il campeggio. In tutto abbiamo percorso 39,6 km. Nostro figlio Simone sicuramente ci dirà: “Con un altro piccolo sforzo potevate arrivare alla cifra tonda.”

Venerdì 19 luglio
Dopo aver ispezionato per bene il territorio intorno a Tilburg e il Brabante, ci spostiamo verso nord ovest ed entriamo in Olanda. La spesa è necessaria. Sostiamo al supermercato Jumbo di Dongen, che ha un ampio parcheggio e poi proseguiamo verso Rotterdam. La strada che inizialmente percorriamo è tagliata nel bosco, ci fa attraversare tranquilli paesini dalle strette vie e con casette incantevoli. Ci immettiamo in autostrada, dove file di tir, viaggiano veloci in direzione dell’Europorto. Il grande nastro asfaltato taglia vaste estensioni agricole, molte delle quali sono chiuse dentro enormi serre. Passato il lungo ponte sul fiume Hollandsch Diep, usciamo in direzione Dordrecht, che dista pochi chilometri da Rotterdam. La nostra meta è il suocampeggio. Esso però non ci ospita, perché è pieno. Allora ci dirigiamo verso il posteggio custodito del porto fluviale, che è attrezzato anche come area camper. E’ situato in periferia, a circa cinque chilometri dal centro, però è collegato con esso tramite le ciclabili e con il bus n.4, che ha la fermata di fronte all’ingresso dell’area.
Nel pomeriggio ci incamminiamo lungo la ciclopedonale per una passeggiatina. Seguiamo in contro corrente il corso del fiume Hollandsch Diep, un grande ramo di fiume del delta del Reno, della Mosa e della Schelda. Esso è lungo solo 19 km, perché nasce dalla convergenza di altri due fiumi, però ha un letto molto largo, che in alcuni tratti supera i due chilometri. La sua portata è notevole. Lo vediamo scorrere placido, solcato da barche di ogni tipo. Dopo un’ora torniamo indietro. Nel frattempo accanto al nostro camper è giunto un mezzo furgonato. Il signore olandese famigliarizza con noi. Ci chiede se ci piace l’Olanda. Quando Giuseppe gli risponde che è la terza volta che la visitiamo, sorride compiaciuto e ci augura un felice soggiorno.

Sabato 20 luglio
Ieri sera una mongolfiera volava dolcemente nel cielo quasi sereno, questa mattina c’è invece tempesta. Violenti scrosci d’acqua accompagnati da brontolii di tuoni lontani ci costringono a rimanere rintanati sul camper.
Nella speranza di poter visitare Dordrecht nel pomeriggio, iniziamo a documentarci sulla città. La città antica sorge su un’isola all’incrocio d’importanti vie d’acqua. Dordrecht fu fondata nel Medioevo e acquistò nel 1220 il diritto di amministrarsi come comune autonomo. La grande inondazione del 1421 non fu per lei una catastrofe, anzi le permise di essere collegata direttamente col mare, così divenne il più importante porto commerciale dell’Olanda. Nel corso della storia fu inoltre teatro di due importanti eventi. Nel 1572 entro le sue mura si riunirono gli Stati ribelli al dominio spagnolo. Essi posero le basi dello stato moderno. Nel 1618 si svolse il grande Sinodo delle Chiese Riformate, che ordinò da un punto di vista teologico le questioni presenti tra le chiese locali.
Come da previsioni meteo il tempo migliora. Alle ore 15.16 saliamo sul bus n.4 e scendiamo alla fermata successiva a quella chiamata Centrum. Superiamo il canale passando su un ponte pedonale e con pochi passi arriviamo alla Grote Kerk. La chiesa è di culto protestante, è un grande edificio di stile gotico. Il suo possente e alto campanile a base quadrata svetta sulla città. Entriamo. E’ in corso un concerto d’organo. Il nostro sguardo si alza subito verso lo strumento. E’ posto sul fondo della navata centrale e s’impone per la sua bellezza. Esso, come i lampadari, è del XV secolo, mentre il pulpito marmoreo è del secolo successivo. Il concerto termina, uno scroscio di applausi gratifica l’organista, che s’inchina per ringraziare. Usciamo e ci incamminiamo lungo il porto canale, che termina al Groothoofdspoort, che era la porta principale d’ingresso in città. Lungo il canale sono ancorate molte barche signorili, altre di dimensioni più modeste e altre ancora ricavate da chiatte dismesse. Ritorniamo verso il centro, passiamo davanti alla statua dei fratelli Johan e Cornelius De Witt. Essi vissero nel XVII secolo. Johan fu il politico più importante della Repubblica dei Sette Paesi Bassi e fu anche il fondatore della matematica assicurativa. Anche suo fratello maggiore si dedicò alla politica. Entrambi furono uccisi dagli orangisti, gli esponenti del movimento politico, che sosteneva Guglielmo III d’Inghilterra. La nostra passeggiata prosegue verso il Markt. La grande piazza oggi ospita il mercato. L’ora pomeridiana è ormai avanzata. Le bancarelle stanno chiudendo. Giriamo nei corselli. Fiori, pesce e... improvvisamente ci sorprende la pioggia. I grossi e radi goccioloni rapidamente si trasformano in piccole gocce che s’infittiscono trasformandosi in un nubifragio. Ci rifugiamo sotto la tettoia di un grande negozio di giocattoli e con pazienza attendiamo che l’acquazzone cessi. Poi ci rechiamo allo Stadhuis, infine raggiungiamo la fermata Centrum, percorrendo strette strade sulle quali si affacciano case di stile tardo gotico.
Giunti alla fermata, incappiamo in un disguido. Il bus, che dovrebbe arrivare dopo pochi minuti, come indicato sul display luminoso, non passa. La nostra attesa si prolunga per circa un’ora. Alle ore 20.00 ceniamo con una fresca caprese.

Domenica 21 luglio
Alle ore 9.00 saliamo sul bus n.4 per raggiungere il centro di Dordrecht e partecipare alla messa delle ore 9.30 nella chiesa di Sant’Antonio, che sta di fronte alla stazione centrale. Il bus è completamente vuoto, poi passando per i quartieri popolari della periferia si riempie. Quasi tutti scendono come noi alla stazione, attraversano la strada ed entrano in chiesa. Che esempio di fede riceviamo!
Dopo pranzo lasciamo Dordrecht e con uno spostamento di una decina di chilometri raggiungiamo Alblasserdam, dove sostiamo nella sua area camper. Ci concediamo un pomeriggio di dolce far niente.

Lunedì 22 luglio
Ieri sera coricandoci abbiamo sperato che l’orologio del tempio evangelico, che batte le ore, sospendesse di notte il richiamo e lo riprendesse non troppo presto di mattina. La sveglia non ce l’ha data l’orologio, bensì il traffico e i rumori del cantiere navale.
Nel cielo completamente terso splende il sole. La giornata si annuncia calda. Anche qui, nel nord Europa, è arrivato l’anticiclone africano, però per nostra fortuna c’è il vento che rende sopportabile il calore. Oggi ci rechiamo con le biciclette a visitare i diciannove mulini di Kinderdijk, costruiti nel 1740 e dichiarati dall’UNESCO patrimonio mondiale dell’umanità. Da Alblasserdam, cittadina industriale, con una pedalata di quattro chilometri, sulla ciclabile costruita sull’argine della nuova Mosa, raggiungiamo il paese di Kinderdijk. Sul fiume sta navigando Pandora, una lunga chiatta, che ha la linea di galleggiamento a filo d’acqua. E’ stracarica, come il vaso di cui porta il nome. Viaggia molto lentamente, tant’è che noi, che pedaliamo alla velocità di 16 km/h, la raggiungiamo e la superiamo. Giunti a Kinderdijk usciamo dal mondo moderno e ci immergiamo in un ambiente agricolo straordinario. I diciannove mulini sono allineati lungo i canali. Essi facevano parte di un complesso sistema idraulico per pompare l’acqua, grazie all’energia eolica e così evitare le inondazioni dei polders, che sono di ben 12 metri sotto il livello del mare. Alcuni mulini hanno le pale in movimento. Le soste si ripetono in continuazione. Troppo belli e pittoreschi sono gli scorci. Dobbiamo portarli a casa. Il percorso del sito è lungo un paio di chilometri. Sia lungo la ciclabile, sia sul sentiero pedonale ci sono numerosi turisti e la varietà delle lingue si sovrappone al fruscio del vento. A un ragazzo giapponese chiediamo il favore di scattare una fotografia che riprenda noi, le biciclette e abbia come sfondo un mulino. Ci accontenta. Lo ringraziamo e riprendiamo a pedalare. Arrivati al termine del percorso, decidiamo di tornare all’area camper utilizzando altre ciclabili presenti tra i polders. Ora siamo completamente immersi nella natura. Il titolo che abbiamo pensato per il nostro diario: “Due ruote tra i canali”, trova qui la sua giustificazione e la sua massima espressione. Nell’umida zona, strappata al mare, pascolano le mandrie pezzate. Nei canali vivono in pace molte famiglie di uccelli: germani reali, gallinelle d’acqua, folaghe, cormorani, oche selvatiche, cigni e alcuni trampolieri. Tra essi riconosciamo l’airone cinerino. Mentre i trampolieri sono piuttosto diffidenti e si alzano in volo appena ci fermiamo, gli uccelli acquatici si lasciano osservare nella loro quotidianità. Ci colpisce la nidiata di una coppia di cigni. Hanno generato ben sette pulcini. Questi “brutti anatroccoli” hanno ancora il piumaggio grigio. Sei sono in acqua e con una zampa emersa si lasciano cullare dalla lenta corrente del canale.
L’ultimo tratto di strada ci riporta nel mondo moderno. La ciclabile costeggia una strada nazionale molto trafficata. Il vento di lato e le sventagliate che ci giungono dai tir, che passano, ci rallentano un po’. Arriviamo al camper alle ore 15.00. Mangiamo della frutta e accompagniamo il caffè con un quadratino di cioccolato.

Martedì 23 luglio
La splendida e calda giornata di sole ci invita a rimanere ancora un giorno ad Alblasserdam per fare un altro giro in bicicletta tra i verdi polders. Rapidamente Giuseppe organizza la gita.
Usciamo dall’area camper, attraversiamo la cittadina e poi lasciamo la strada per immetterci sulla prima ciclabile. La temperatura sfiora già i 30° C, c’è però una leggera brezza che rende piacevole la pedalata. Incontriamo subito un ponte che ci fa superare un largo canale. Ci siamo messi in sella da poco, però ci fermiamo. Nell’acqua limpida si specchia un bianco mulino. E’ uno splendore di colori. In basso il verde intenso dell’erba, in alto l’azzurro del cielo, appena screziato da trasparenti cirri. Nei polders le classiche bovine olandesi brucano tranquille. Alcune si allungano verso il canale per dissetarsi. Anche loro sentono l’arsura della giornata. Negli spazi destinati a essere erbai i contadini stanno rivoltando il fieno e nell’aria si sprigiona il tipico odore dell’erba secca, che per noi è un profumo, che scatena ricordi infantili. Lasciamo una ciclabile per proseguire in un’altra, che ha le due corsie separate da un cuscino d’erba. Seppure ci sia un discreto movimento di ciclisti, il silenzio è interrotto solo dal fruscio dell’aria e dal pigolio degli uccelli acquatici. Un mulino da lontano ci invita a raggiungerlo e a sostare presso di lui. Tra i numerosi turisti fermi, un signore olandese, anche lui munito di fotocamera, indica a Giuseppe una famiglia di folaghe comuni. Questi piccoli uccelli neri, muniti di uno scudo bianco sopra il becco, più grande nei maschi, stanno guidando i loro tre pulcini verso l’altra riva dello stretto canale. I pulcini pigolano. A differenza dei genitori hanno sul capo delle piume rossastre e mancano dello scudo bianco. Poco distante un esemplare è in cova. Il suo nido è tondo e galleggia in mezzo al canale, fissato alle piante acquatiche. E’ intrecciato con le canne ed è ricoperto al suo interno con vegetali più soffici. La cova, che dura circa un mese e durante la quale femmina e maschio si alternano, può essere da tre a dodici uova. I pulcini che osserviamo sono piccoli, eppure hanno già almeno due mesi di vita, perché prima rimangono nel nido e sono nutriti dai genitori, che pescano, tuffandosi con abilità, insetti acquatici, crostacei, molluschi e piccoli pesci.
A mezzogiorno sostiamo brevemente nel paese Grot-Ammers. La sua chiesa del 1898 è chiusa. L’orologio dell’alto campanile a base quadrata batte le ore e le campane iniziano a suonare. Il cuore eleva al cielo una lode.
Riprendiamo a pedalare. Girato l’angolo ci attende una sorpresa. La ciclabile, che dovremmo iniziare a seguire è sbarrata a causa di lavori. La deviazione è indicata. Ci auguriamo che non allunghi troppo il chilometraggio. Il nostro auspicio è esaudito. Poco più avanti hanno asfaltato un sentiero, che ci riporta sulla ciclabile. Pedaliamo spediti. Intanto c’è chi va più veloce di noi. Un gruppetto formato da due uomini e tre donne, gagliardamente, ci sorpassano. A loro piace pedalare facile, con le e-bike!
Quando raggiungiamo un altro paese, la panchina all’ombra di un grande salice è occupata da loro. Peccato sarebbe stata propizia anche per noi. Ci avrebbe consentito la sosta per mangiare le pesche che abbiamo portato come pranzo. Proseguiamo senza fermarci lungo un canale nel quale si specchia una bella chiesa e delle villette.
Giunti a Bleskensgraff, troviamo nella piazza della chiesa due comode panchine ombreggiate da degli ontani. C’è pure la fontanella. Sono le ore 13.10. Sostiamo, ci rifocilliamo e riposiamo per circa venti minuti.
Più avanti abbiamo un simpatico incontro. Dobbiamo superare un canale il cui ponte è a schiena d’asino. Giuseppe cambia i rapporti e lo valica. Paola preferisce salvaguardare le sue ginocchia, scende dalla bici e sale a piedi. Lì sulla balaustra, nel punto di massima curvatura, tre biondi ragazzini di circa dieci anni, sono pronti a tuffarsi nel canale. Però il nostro passaggio li distoglie dal loro gioco. Anche il nostro equipaggiamento li incuriosisce. Le nostre biciclette hanno le ruote piccole, mentre le loro le hanno grandi, inoltre noi indossiamo i caschetti, che loro non usano. Uno di loro chiede a Paola da dove veniamo. Paola risponde: “Italia”. Poi alla richiesta della città, Paola risponde: “Milano”. A questo punto in coro gridano: “Ehi, Milano!” Li salutiamo con l’internazionale ciao e continuiamo il giro. Ora mancano solo una decina di chilometri. Dopo poco ci ritroviamo sulla ciclabile che anche ieri ci ha riportato all’area camper.

Mercoledì 24 luglio
Tolto il piumone e con la ventola di aerazione, abbiamo dormito bene. Dopo aver percorso in due giorni settanta chilometri in bicicletta, è necessaria la pausa di riposo. Ci trasferiamo da Alblasserdam a Delft. Durante il viaggio di una quarantina di chilometri sostiamo per rimpinguare la cambusa. Troviamo un gustoso pollo arrosto, che per un paio di giorni, ci darà soddisfazione. Il camper è ancora abbastanza fornito di gasolio, ma l’offerta del distributore Total, che lo vende a 1,305 €/l, la prendiamo al volo. Così anche il mezzo ha la sua pancia piena. Riprendiamo il viaggio, entriamo in autostrada in direzione Rotterdam, poi usciamo verso Amsterdam, infine seguiamo la freccia Delft. Giunti al campeggio Delftse Hout, ci presentiamo mostrando la prenotazione. Ci assegnano un’ampia piazzuola abbastanza ombreggiata, che ci consente di riposare. Il campeggio è un villaggio turistico, dotato di piscina, negozio e ristorante. E’ un po’ caro rispetto agli standard di questo Paese, ma è l’unico della città se escludiamo quello che avevamo individuato in precedenza, ma che abbiamo scartato quando a seguito della prenotazione ci hanno segnalato che era esclusivamente per nudisti. Di tutti i suoi servizi noi abbiamo bisogno della lavanderia. Organizziamo subito il bucato. Nella lavanderia incontriamo un gruppo di hockeisti su prato italiani, della Nazionale Master. Ridono e scherzano tra loro, ignorando che noi capiamo tutto. Il loro ciclo di lavaggio termina un minuto prima del nostro e caricano l’asciugatrice buttando nel cestello la biancheria alla rinfusa. Quando ci vedono mettere nel cestello dell’asciugatrice la nostra biancheria ben distesa commentano: “ In Italia, forse a Brunico fanno così”. Paola interviene e dice: “Noi siamo di Milano. Anni di esperienza in campeggio, ci hanno insegnato come agire”. Sorridono amichevolmente e dopo lo scambio dei nostri reciproci progetti di vacanza, ci congediamo e ci auguriamo una buona continuazione.

Giovedì 25 luglio
Il caldo africano non demorde. E’ una temperatura troppo elevata, per muoversi in bicicletta. Decidiamo di raggiungere il centro di Delft a piedi. Appena usciti dal campeggio, vediamo che è fermo il bus n. 63, che fa capolinea alla stazione, che dista poche centinaia di metri dal centro. Cogliamo l’opportunità. Il bus parte. Il percorso per giungere alla meta è lungo. A piedi avremmo impiegato meno tempo. Il primo scorcio che si staglia davanti a noi è il campanile pendente della vecchia chiesa, che svetta in fondo all’Oude Delft, il canale più antico della città, che la attraversa da nord a sud nella sua parte occidentale. Proseguiamo per la strada che conduce al Markt. Oggi è giorno di mercato. La grande piazza, sulla quale si affacciano, uno di fronte all’altro, lo Stadhuis e la nuova chiesa, è occupata dalle bancarelle. Curiosi, iniziamo a girare, ma siamo delusi. E’ il solito mercato di abbigliamento cinese, di ortofrutta e di borse e cinture di pelle, che i veneti, guardandole e toccandole direbbero: “s’è carton!”
Lo Stadhuis è un possente palazzo, edificato nel 1620 con pietra arenaria in stile rinascimentale. E’ sorto intorno all’antica torre trecentesca, che apparteneva al precedente municipio. Davanti ad esso ci sono tanti olandesi, elegantemente vestiti alla loro maniera che stanno aspettando di entrare per festeggiare un matrimonio. La mamma dello sposo dà a ogni invitato un fiore da appuntare sull’abito. Ci spostiamo sul lato opposto della piazza e andiamo a visitare la nuova chiesa. Con lo stesso biglietto potremo visitare anche la vecchia chiesa. Una leggenda narra l’origine di questa chiesa. Si dice che nel gennaio del 1351 il barbone di nome Symon, arrivando come ogni giorno nel Markt per elemosinare, ebbe una visione: una luce sfolgorante contornava una chiesa con la Madonna seduta su un trono. Anche un altro cittadino Jan Col ha detto di aver avuto la stessa visione. Dopo la morte di Symon, Jan Col si adoperò, affinché fosse costruita la chiesa. Nel 1381 nel luogo delle visioni si edificò una chiesa di legno. Più tardi intorno ad essa si eresse la chiesa in muratura, inizialmente dedicata a Maria, ora a Sant’Orsola.
L’interno della chiesa, di stile gotico, ha tre navate rese luminose da numerose polifore. Si presenta spoglia. Infatti, con l’avvento della Riforma, i calvinisti, presi dal furore dell’iconoclastia, cioè fedeli al movimento religioso contrario a ogni forma di culto per le immagini sacre, propugnarono la distruzione degli affreschi. Spiccano l’organo e in fondo all’abside un grande monumento funebre. L’organo è stato ricostruito completamente da Jonathan Bätz dal 1837 al 1839. L’artigiano, discendente di una famosa famiglia tedesca-olandese, di costruttori d’organo, ha realizzato lo strumento con 3000 canne e 42 registri e lo ha abbellito con tre statue di marmo bianco. Nell’abside si eleva imperioso il sepolcro monumentale di Guglielmo I d’Orange, detto Guglielmo il Taciturno. Egli è considerato il “Padre della Patria”. Il suo motto era: “Je maintiendrai” (Io manterrò). Egli guidò gli olandesi nella ribellione prima nei confronti della Germania e poi contro la Spagna nella Guerra degli Ottant’anni. Egli non vide l’indipendenza del suo Paese, avvenuta nel 1648, anche perché il 10 luglio 1584 fu assassinato da un francese al soldo dell’imperatore spagnolo. Sotto il suo mausoleo c’è la cripta, non visitabile, dove vengono sepolti i reali d’Olanda. Usciamo dalla Nuova Chiesa e dopo pochi passi raggiungiamo la Vecchia Chiesa. E’ l’edificio di culto più antico della città. Nel 1050 in questo luogo sorgeva una chiesetta di tufo. Nel 1240 il nobile Bartholomeus van der Made, nativo di Delft, iniziò la ristrutturazione della chiesetta e provvide al suo ampliamento. Alla fine del XIV secolo la chiesa fu completata e in onore del fondatore fu dedicata a San Bartolomeo. Dopo la Riforma è stata intitolata all’antipapa Ippolito. Questo edificio di culto è diviso in tre navate, prende luce da vetrate moderne, ognuna delle quali racconta una storia biblica. Anche in questa chiesa sono sepolte numerose persone a noi per lo più sconosciute. Piet Hein è ricordato particolarmente. Egli è stato un corsaro e ammiraglio, che combatté contro gli spagnoli nel corso della Guerra degli Ottant’anni, catturando gran parte delle loro navi e del loro tesoro. Anche il pittore JanVermeer è sepolto qui. Egli, figlio di commercianti, sposò una ragazza cattolica di ceto più elevato del suo e diventò cattolico. La sua carriera è stata remunerativa, fino la crisi economica del 1672. Vermeer morì in totale indigenza il 15 dicembre 1675, lasciando alla sua famiglia molti debiti. Venne sepolto in questa chiesa nella tomba della suocera. Dal 2007 una nuova grande lapide lo ricorda.
Noi abbiamo iniziato a conoscere questo pittore tramite la visione del film “La ragazza con l’orecchino di perla”, che narra la storia del quadro “La ragazza col turbante.” Nei suoi quadri Vermeer ha prediletto ritrarre figure femminili rappresentate in attività quotidiane. La sua pittura mostra ogni oggetto illuminato in modo unico, così da dare a ciascuno l’effetto della materia di cui è costituito. Una particolarità della sua pittura è la presenza del blu nelle sue diverse sfumature. Egli si procurava il colore ricercando i migliori e costosi lapislazzuli.
Il pulpito occupa la parte centrale della chiesa. E’ costruito in legno e ha un aspetto sobrio. A un primo sguardo sembra insignificante. Osservandolo da vicino si nota, invece, che i suoi riquadri sono intagliati in una bella forma prospettica e rappresentano San Giovanni Battista e i quattro evangelisti.
Il campanile è in forte pendenza. La sua costruzione risale al 1325. Per erigerlo, non essendoci spazio, hanno prosciugato il canale, però le fondamenta scavate nel terreno soffice hanno ceduto. Ora l’opera è stabilizzata e costantemente monitorata.
Ritorniamo verso il Markt, percorrendo l’alzaia dell’Oude Delft. A esso si affacciano palazzi del XVII e XVIII secolo. Molto bella è la facciata del Meisjeshuis, l’orfanatrofio femminile del 1769.
Abbiamo completato ormai l’attività turistica. Ci dedichiamo allo shopping. Nella città rinomata per la sua porcellana, troviamo i regali di Natale e anche un gufetto per la collezione di Paola. L’origine dell’arte della porcellana non è nota. Si sa che nella seconda metà del Cinquecento le prime fabbriche, che erano sorte ad Amsterdam, si trasferirono a Delft. Oggi oltre al classico blu su fondo bianco, gli atelier producono porcellane policrome. Noi rimaniamo fedeli alla tradizione.
Sono già passate le ore 13.00. Il caldo, la sete e la stanchezza si fanno sentire. Sostiamo in un locale e ci ristoriamo con un cool drink al cioccolato, poi a piedi ritorniamo in campeggio.
Com’è cambiata la città rispetto a quindici anni fa! Dove c’era campagna, ora c’è un quartiere. Mentre camminiamo cercando l’ombra, ci chiediamo se, nel canale che stiamo seguendo, abita qualche discendente dell’airone cinerino che avevamo visto all’epoca e che Giuseppe aveva fotografato in volo. L’airone c’è. E’ lì vigile e affamato, che scruta le scure acque. Non si accorge di Giuseppe che, dopo aver montato il teleobiettivo, si avvicina con passo felpato alla sponda. E’ un attimo. Il trampoliere allunga il collo, con il suo lungo becco afferra un granchio, lo inghiotte e poi spicca il volo, fermandosi sull’altra sponda del canale. Che giornata! Giunti in campeggio la condividiamo subito con i nostri amici.

Venerdì 26 luglio
Ieri sera il caldo non ci ha dato tregua. La temperatura sul camper di 37° C non riusciva ad abbassarsi. Ci siamo coricati molto tardi, poi finalmente alle ore 2.20 si è alzato il vento. Con i finestrini e gli oblò aperti, siamo riusciti ad addormentarci. Il giorno si presenta completamente sereno. C’è vento, come ben si addice al paese dei mulini a vento.
Con un breve spostamento di poco più di 20 km giungiamo a Wassenaar e ci fermiamo nel camping Maaldrift. Anche oggi è un giorno di completo riposo. La piazzuola che ci danno è in pieno sole, però essendo molto ampia posteggiamo il camper in modo obliquo, così da crearci dell’ombra sul lato della porta e del frigorifero. Come proteggerci dal sole infuocato che batte sull’altro lato? Giuseppe, che ha un innato senso pratico, prepara con l’alluminio delle tendine riflettenti, che applica esternamente ai vetri delle tre finestre del lato esposto al sole. Gli effetti si notano quasi subito. Sul camper la temperatura si attesta intorno ai 30° C.

Sabato 27 luglio
Pioggia e temporali nella notte. Questa mattina la temperatura è gradevole e il cielo si sta rasserenando. Dopo alcuni giorni di riposo è tempo di rimetterci sui pedali.
La gita che programmiamo è un giro di 25 km, che da Wassenaar ci porterà a Katwijk aan Zee, una località balneare sul Mare del Nord. Le prime ciclabili che seguiamo sono tracciate in un territorio piuttosto anonimo. Giunti a Katwijk aan Zee, tutto diventa bello. Sostiamo sulla sommità della duna, che separa la cittadina dal mare. Dall’alto osserviamo la foce dell’Oude Rijn, che anticamente era il braccio principale della foce del fiume Reno. Lungo la ciclabile ci sono dei paracarri a forma di parallelepipedo, con la sommità piatta. Sono una buona base di appoggio per la fotocamera. Giuseppe predispone l’autoscatto. Uno, due, tre,...dieci secondi: clic, la foto è fatta!
Katwijk aan Zee, ha origini antiche. Fondata dai romani, è stata la base per espandere il loro dominio alle isole britanniche. Con la caduta dell’impero romano ebbe un rapido declino. Poi, dal XII secolo, divenne un importante mercato ittico. Durante la II guerra mondiale fu distrutta dai tedeschi, che costruirono lungo la costa numerose fortificazioni e bunker. Oggi è una rinomata località balneare, cittadina amata da molti artisti, che l’hanno abbellita con diverse statue di bronzo, disseminate sul lungomare. Dopo la breve sosta, riprendiamo a pedalare lungo la Nordzee Route. Ora la ciclabile è tagliata sulle dune. Siamo immersi nella natura incontaminata. La maggior parte delle dune è colonizzata e stabilizzata dalla vegetazione erbacea e arbustiva. L’aria è impregnata di profumi aromatici. Curve e controcurve, salite e discese fanno cambiare di continuo la velocità, che diminuisce salendo e recuperiamo abbondantemente nelle discese.
Un bell’allenamento per i nostri muscoli! A mezzogiorno siamo di nuovo a Waaenaar. Entriamo in paese, vogliamo trovare la chiesa cattolica e avere la conferma circa l’orario della messa. Da lontano vediamo svettare il campanile. Raggiungiamo la chiesa. E’ chiusa e circondata dal piccolo cimitero. Non ci sono bacheche. Arriva un’anziana signora, smonta dalla bicicletta e si avvicina al cancello, lo apre. Ci guarda, capisce che siamo disorientati, si avvicina. Non comprende né l’inglese, né il tedesco, però ci chiede se parliamo francese. Giuseppe risponde: “Un po’.” Poi le chiede se la chiesa è cattolica e l’orario della messa. La vecchietta sorride. Non ha capito la nostra richiesta. Cerca di dire qualcosa in francese, ma non le esce nessuna parola. E’ imbarazzata. La ringraziamo. Lei entra nel cimitero. Anche noi. Giriamo intorno alla chiesa. Si sente suonare l’organo. Dietro troviamo una porticina. Entriamo. La chiesa è evangelica. Riprendiamo le biciclette e ci dirigiamo verso il centro della cittadina. Esso è piccolo, grazioso e pieno di vita. Scorgiamo un altro campanile. Passiamo accanto a un mulino e finalmente eccoci di fronte alla chiesa. Questo tempio è cattolico. Nella bacheca ci sono gli orari delle messe: oggi alle ore 19.00 e domani alle 9.30. Rimontiamo in bicicletta dopo altri quattro chilometri arriviamo in campeggio. Il pomeriggio ci vede tifosi di Nibali, che nell’ultima tappa alpina, a venti chilometri dall’arrivo, che è a quota 2065 m, abbandona con una prolungata progressione i suoi compagni di fuga e si aggiudica la vittoria.
Verso sera sfidiamo le previsioni meteo, che annunciano pioggia dopo le ore diciannove. Saliamo sulle biciclette e ci rechiamo alla messa prefestiva. Dopo poco più di un’ora rientriamo. Mentre ceniamo, si aprono le cateratte del cielo. Per nostra fortuna le previsioni non avevano individuato esattamente l’ora della precipitazione.

Domenica 28 luglio
Pochi giorni fa la temperatura ha raggiunto quasi 40°C, questa mattina è di 21°C.
Dal cielo sereno al grigiore diffuso odierno, che non lascia presagire nulla di buono: tempo pazzo!
Avevamo programmato per oggi la gita in bicicletta fino alla città di Leida, invece visto il tempo e le previsioni che annunciano pioggia, rimaniamo fermi. Saggia decisione. Per tutto il giorno si alternano piovaschi a brevi momenti di pausa.

Lunedì 29 luglio
La mattina la occupiamo viaggiando fino a Harlem, seguendo le strade statali. Siamo nella regione del Noord-Holland, il territorio più antico strappato al mare. Esso si protende in forma peninsulare tra il Mare del Nord e i mari interni. Attraversiamo graziosi paesini tagliati da una fitta rete di canali di diversa larghezza, sui quali si affacciano case antiche e moderne. Nei campi si lavora alacremente: l’attività agricola e la floricoltura richiedono cura e tempo in questo periodo dell’anno. In un polder stanno raccogliendo i gladioli. La strada è stretta e non c’è la possibilità per una sosta. Peccato. Il quadro aveva una vivace cromaticità.Ci fermiamo nel camping De Liede, presente alla periferia di Harlem, all’ora di pranzo. Nelle prime ore del pomeriggio con le biciclette raggiungiamo il centro della città, che dista quasi cinque chilometri. Harlem è il capoluogo della regione. Il suo centro storico conserva ancora l’aspetto medioevale, con le case con il tetto a gradini e il selciato lastricato.
Posteggiamo le biciclette in uno dei tanti parcheggi a loro destinati e raggiungiamo il Markt, la grande piazza, che come da tradizione ospita il mercato, che sta iniziando a smobilitare. Girando tra le bancarelle siamo attratti da quelle che vendono i fiori. E’ un’apoteosi di colori. Ovviamente non hanno i rinomati tulipani, perché la stagione della loro fioritura è ormai passata. Compriamo i loro bulbi di tre diverse varietà per i nostri amici Patrizia e Giuliano, che anche quest’anno hanno accolto nel loro splendido giardino brianzolo le nostre piante.
Sulla grande piazza si affacciano eleganti edifici, tra i quali lo Stadhuis e il Vleeshal, sulla cui facciata giganteggia una grande testa di toro. Infatti, anticamente era la sede del mercato della carne, adesso l’edificio ospita mostre d’arte temporanee.
Domina la piazza, la Grote Kerk, dedicata a San Bavone, morto nel 653. Nel 1518 è stato eretto il campanile di legno. Entriamo. Siccome manca solo mezz’ora alla chiusura, alla cassa ci fanno lo sconto “paghi uno prendi due”; con un biglietto entriamo entrambi. La chiesa, diventata di culto evangelico con la Riforma, è un edificio tardo-gotico davvero meritevole di una visita. Il suono dell’organo riempie il suo grande spazio. Lo strumento è maestoso. E’ alto circa trenta metri ed è dotato di 5068 canne e di 68 registri. Dalla parte opposta la cantoria è separata dal resto della chiesa da una cancellata in rame dorato, alla cui base figurano gli stemmi gentilizi. Dietro il coro sono esposte le sculture moderne di Ela M.Venbroek, un artista polacco, che si è formato nel suo Paese presso la facoltà di Belle Arti di Zakopane.
Sulla piazza, a sinistra della chiesa, si eleva la statua di bronzo di Laurens Janszoon Coster (1370-1440). Egli ha in mano un carattere mobile della stampa. Gli olandesi gli attribuiscono questa invenzione, che sarebbe avvenuta sedici anni prima di quella di Gutenberg.
Lungo la strada del ritorno, ci fermiamo nei pressi di un ponte levatoio, sul fiume Spaarne. C’è un grosso cabinato fermo in attesa di passare. Attendiamo il momento dell’apertura del ponte. Vedere la strada che si divide in due e si alza come un muraglione alla destra e alla sinistra del fiume è uno spettacolo al quale non siamo abituati. L’apertura, che sembrava imminente, non avviene. Il cabinato espone i parabordi e si accosta alla sponda del fiume. Pazienza, lo spettacolo lo vedremo da qualche altra parte. Risaliamo in sella e torniamo in campeggio.

Martedì 30 luglio
La giornata si presenta promettente. Il cielo sereno, il sole caldo, l’aria leggermente mossa da un piacevole venticello ci caricano di buon umore. Insieme al latte e alle fette biscottate con la marmellata, pregustiamo la gita che abbiamo programmato ieri sera: un percorso circolare che ci farà attraversare il Parco Nazionale Zuid-Kennemerland. Alle ore 10.15 montiamo in sella. Ripercorrendo la strada di ieri entriamo in città. Raggiunto il fiume, non andiamo verso il centro, ma seguiamo il corso d’acqua ancora per un tratto. Poi, distaccandoci da esso, transitiamo per alcuni quartieri periferici. Usciti da Harlem, percorriamo una ciclabile, che affianca una statale fino al Parco Nazionale. Esso è una lunga striscia di terra, formata dal litorale sul Mare dl Nord, alle cui spalle ci sono delle brulle dune sabbiose e, via via che ci si allontana dal mare, altre dune ricoperte davegetazione spontanea di tipo erbaceo e arbustivo e ancora più lontano da vegetazione arborea.
Le piste sono ben tenute e segnalate. Non si può abbandonarle per preservare incontaminato il luogo. Dopo aver pedalato per 16 km, di cui cinque nel parco, sostiamo e seguendo il sentiero saliamo sulla duna. Lì in basso il Mare del Nord disegna una lunga striscia blu. Mentre molte persone scendono verso la spiaggia attrezzate per trascorrere una giornata balneare, noi scendiamo dalla duna e riprendiamo il nostro giro. Si sale e si scende. Il traffico ciclabile è notevole in entrambi i sensi di marcia. C’è chi pedala ininterrottamente e chi, come noi, se adocchia uno scorcio interessante, si ferma. A un bivio troviamo dei reperti bellici del secondo conflitto mondiale. Un cartellone li descrive. Sono delle bombe fumogene tedesche. Gli involucri di cemento contenevano delle fiale vitree riempite con una sostanza chimica, che a contatto con l’ossigeno atmosferico, vaporizzava. Queste bombe servivano per impedire le ricognizioni aeree dell’aviazione britannica.
Siamo di nuovo in sella, dopo poche pedalate ci troviamo a fare lo slalom tra mucchi di escrementi di cavallo. Possibile che i destrieri dei cavallerizzi si siano scaricati tutti qui? Il mistero è presto svelato. In una conca erbosa, ai lati della pista, una mandria di cavalli selvatici sta pascolando. Alcuni esemplari sono sulla pista. Sono cavalli tarpan. Li riconosciamo, perché li abbiamo già visti nella steppa polacca. L’animale ha una struttura robusta, il mantello ha un colore particolare tra il grigio e il marrone, la criniera e la coda sono nere, così come la sottile striscia che segna tutta la sua colonna vertebrale.
Mentre passiamo pedalando lentamente, Giuseppe gira un breve filmato. Quante cose abbiamo già visto! Giunti a un altro bivio, troviamo un’altra impensabile sorpresa. All’ombra di alcuni alberi dei bisonti stanno ruminando. Due sono accovacciati, mentre quello più imponente, forse il maschio, è in piedi. Ce ne sono anche altri due, oltre il vialetto, che si stanno sfregando contro il tronco di un albero. Nuova sosta e ancora fotografie. Di nuovo in sella. Dopo un centinaio di metri svoltiamo a destra. Ora la ciclabile è una strada bianca immersa in un bosco misto di latifoglie e conifere: querce, faggi e abeti. La frescura ci ristora. Più avanti sostiamo in un’area pic-nic. C’è un tavolo all’ombra che ci invita a riposare e a consumare il nostro energetico pranzo a base di frutta. E’ l’ora giusta: 12.45 e siamo a metà percorso, mezz’ora di pausa è quello che ci vuole.
Dopo aver riempito di nuovo la borraccia, ripartiamo. Usciti dal parco, raggiungiamo il Noorderbuitenkanaal, che mette in comunicazione il Mare del Nord con Amsterdam. E’ molto largo e profondo. Il canale può essere navigato da grandi navi, fino alla stazza di 100.000 tonnellate. Un traghetto lo sta attraversando, è carico di alcune automobili e numerosi ciclisti.
Ora ci rimane solo l’ultima parte del giro. La ciclabile diventa nuovamente interessante quando abbandona la statale per costeggiare un canale più piccolo. Questo sì poco profondo! Infatti, ci sono delle mucche immerse nell’acqua fino alla coscia. Bellezze al bagno! Rientrati in campeggio dedichiamo le rimanenti ore pomeridiane a sistemare il ricordo di questa stupenda giornata.

Mercoledì 31 luglio
Com’è volubile il tempo qui in Olanda! La regione che si affaccia al Mare del Nord risente dei venti occidentali, che sospingono dense nubi cariche di umidità, che qui scaricano il loro peso. Così lo splendore di ieri è svanito nel nulla per lasciare spazio a un plumbeo strato di nubi compatte. Di mattina ci trasferiamo da Harlem a Volendam. La zona la conosciamo, è rinomata per il formaggio. Ci fermiamo nell’area camper Marinapark. Il nostro finestrone fa da cornice a un quadro bucolico. In primo piano ci sono le canne, che battute dal vento si piegano flessuose e danzano seguendo un ritmo ginnico. Oltre il piccolo canale, l’erba giallastra del prato si estende fino all’orizzonte, la cui linea continua è interrotta dalla sagoma di uno scuro mulino di pietra grigia. Piove. Il ticchettio che tamburella sul tetto del camper a tratti aumenta d’intensità e sembra il suono di una grancassa.Alle ore 16.00 si alza un vento violento e dopo un’ora la pioggia cessa. Il cielo è ancora minaccioso, ma l’aria sta spingendo lontano le nubi più nere. Prendiamo gli impermeabili e usciamo. L’area camper è prossima alla marina nuova e dista circa un paio di chilometri dal centro. Volendam è nata come paese di pescatori e ha mantenuto anche nella sua parte moderna l’architettura che la caratterizza. Le case sono di legno e di mattoncini bruni. Oggi la località è rinomata e meta di un importante flusso turistico. Negozi di souvenir e bar si affacciano al vecchio porto. Il paese brulica di persone a passeggio. Il lento via vai,che si muove in ogni direzione, lo paragoniamo a quello dei lumaconi rossi che scivolano fuori dai prati dopo i temporali. Lacheese factory attira la nostra attenzione e gola. Entriamo. Il profumo di formaggio è stuzzicante. Davanti alle diverse qualità ci sono i cubetti di assaggio. Facciamo i test. Il cacio al pesto e uno di latte di pecora ci piacciono particolarmente, li compriamo.
Ora splende il sole, è pallido, sta asciugando la strada. Mentre rientriamo, ci auguriamo che il proverbio milanese: “Quand el sô se voltà indree, a la mattina ghem l’acqua ai pè”, qui in Olanda non valga.

Giovedì 1 agosto
Piovaschi, dice il meteo, ma cosa sono? Li stiamo sperimentando da qualche giorno. Sono improvvisi e violenti scrosci d’acqua, che si alternano a momenti di pausa durante i quali il grigiore uniforme del cielo si arruffa formando nembi più cupi, contornati da ciuffi bianchi. La gita che abbiamo programmato la escludiamo. Da Volendam volevamo raggiungere l’isola di Marken con un battello di linea e ritornare in bicicletta attraverso il ponte che la collega con la terra ferma. Decidiamo di spostarci di circa quaranta chilometri, fino a Hoorn, che come Volendam si affaccia sul mare interno IJsselmeer e, come quasi come tutti i porti turistici, ha presso il molo l’area camper.
E’ pomeriggio, in cielo c’è ancora una grossa nube nera che ricopre il porto e tutto intorno, nembi bianchi e grigiastri si scontrano e si sovrappongono. Non ci perdiamo d’animo, muniti delle giacche impermeabili, visitiamo la cittadina. Costeggiamo tutto il nuovo porto fino a raggiungere quello vecchio. Osservando la quantità di natanti ancorata, commentiamo: “Sicuramente in questa nazione ci sono più barche che automobili.”
La porta d’ingresso del vecchio porto è controllata da un torrione del XVI secolo, che ospita un ristorante. Sostiamo. Sanno entrando in porto delle vecchie barche a vela, che un tempo erano navi da trasporto, oggi sono imbarcazioni turistiche, per la navigazione di questo mare. Su un cartellone leggiamo le loro caratteristiche. Sono state varate alla fine del XIX secolo, sono lunghe ventitré metri, larghe circa cinque e hanno un pescaggio di ottanta centimetri.
Lasciamo il porto e ci avviamo verso il centro. La strada che percorriamo è racchiusa tra bei palazzi, per lo più costruiti nel XVI secolo. Erano le ricche residenze dei commercianti, che vivevano qui, perché in quell’epoca Hoorn era la sede della Compagnia delle Indie Orientali. La piazza centrale, il Rode Steen, è dominata dalla ricca facciata rinascimentale del Westfries Museum, mentre su un lato sorge il Waag, l’antica pesa pubblica. Al centro della piazza si erge la statua di Jan Pietersz Coen, il fondatore della Compagnia delle Indie Orientali (1587-1629)
La città di Hoorn ha dato i natali anche al navigatore Willem Cornelisz Schouten. Egli nel 1615 comandò una spedizione, finanziata da Jacob Le Maire, che aveva fondato l’Australische Compagnie in concorrenza con la Compagnia delle Indie Orientali. La spedizione aveva l’obiettivo di trovare una via alternativa per raggiungere l’oceano Pacifico, al fine di non doversi sottoporre ai dazi imposti dalla Compagnie delle Indie Orientali. Un anno dopo la spedizione doppiò il capo più meridionale dell’America Latina. Schouten diede a questo capo il nome della sua città natale. Ancora oggi si chiama Capo Horn. La spedizione ritornò seguendo la rotta dell’oceano Indiano. Subì numerose traversie. Schouten morì in prossimità delle coste del Madagascar.
Questa sera per la prima volta siamo assediati dalle zanzare. Ci proteggiamo tenendo chiuse le zanzariere e con un blando insetticida elettrico.

Venerdì 2 agosto
Dopo i ripetuti scrosci di pioggia della notte, ci alziamo sotto un cielo ancora livido. Ci rimettiamo in viaggio. Fidandoci della guida Touring ci spostiamo di pochi chilometri e raggiungiamo la cittadina di Enkhuizen. Lì, abbiamo individuato un campeggio che ha anche la lavanderia. Giungiamo poco dopo mezzogiorno. La reception è chiusa, aprirà tra un’ora e mezza. Nel vialetto d’accesso non c’è uno spazio di sosta. Il nostro disappunto è notevole. Giuseppe entra nel campeggio per vedere se c’è posto. Torna ancora più deluso, perché il sito non è un campeggio nel vero significato del termine, bensì è un villaggio di sole case mobili. Riprogrammiamo il navigatore. Andremo all’area camper del porto, sperando che uno dei soli sei stalli disponibili sia libero. Il bucato lo faremo in uno dei prossimi giorni. La guida inizia. Il navigatore non sa quanto il nostro mezzo è lungo e largo. Inizialmente ci indirizza su strade facilmente praticabili, poi passato un ponte ci obbliga a girare a sinistra. La strada via via che procediamo diventa sempre più stretta. Giunti in fondo, dobbiamo svoltare ancora a sinistra. Giuseppe suda freddo. Alla sua destra ci sono due automobili posteggiate, alla sua sinistra il dehors di un bar. Tornare indietro in retromarcia sarebbe ancora più complicato. Con qualche manovra l’abilità di guidatore di Giuseppe si mette in mostra in modo eccezionale e straordinario. Siamo fuori dall’inghippo, ma non abbiamo risolto il problema. Il giro dei sensi unici delle strade che seguono ci riportano inesorabilmente sulla strada che in fondo si restringe. L’unica via d’uscita possibile è a metà di questa strada svoltare a destra e percorrere in contromano cento metri di una via che si apre sul vecchio porto. Tentiamo la sorte. Ci va bene. Ora possiamo viaggiare su una grande arteria, tangente alla città. Rientriamo in città lungo la strada che corre parallela alla ferrovia e finalmente siamo nell’area camper. Due sono gli stalli ancora liberi. Uno è occupato dal camper tedesco che ci precede, l’altro lo prendiamo noi.
Una mattinata da brividi, non solo per il clima più autunnale che agostano!
Nelle prime ore del pomeriggio il tempo migliora. Qualche squarcio d’azzurro si allarga nel grigiore ancora diffuso e il pallido sole cerca di scaldare l’atmosfera. Visitiamo la città, che come Hoorn ebbe il suo massimo sviluppo nei secoli XVI e XVII, grazie alla residenza di molti armatori e di un magazzino della Compagnia delle Indie Orientali. Raggiungiamo il vecchio porto, che è dominato dalla massiccia torre Dromedaris, costruita nel 1540. Più avanti dobbiamo transitare su un ponte levatoio, che in questo momento è aperto e sta facendo transitare un paio d’imbarcazioni. Il filmatino è d’obbligo. Nel cielo della città svettano due campanili piuttosto particolari. Raggiungiamo la Zuiderkerk. E’ una chiesa tardo-gotica. La sua costruzione è iniziata nel 1423. L’edificio è stato ampliato nel corso degli anni successivi. Il suo interno è diviso in due navate, chiuse da volte di legno. In una navata stanno preparando dei tavolini per una festa. Le chiese protestanti, secondo noi, hanno poco del luogo di culto. Bella è la torre campanaria. Essa è costruita in muratura fino all’altezza di 32 m ed è sormontata da una lanterna lignea che raggiunge l’altezza di 65 m. Mentre ci dirigiamo verso l’altra chiesa, entriamo a curiosare in un negozio di biciclette. E’ ben fornito anche di accessori. Ci colpisce, ma non ci stupisce una sella; può reggere un notevole peso, fino a 150 kg! Stazza non rara in questo Paese.
A metà della strada principale troviamo la Westerkerk. E’ una chiesa gotica del XVI secolo. Il suo interno è diviso in tre navate. Più interessante è il suo campanile, costruito tutto in legno chiaro. Poco lontano, sempre nella stessa via, c’è l’Oude Weeshuis, l’orfanatrofio del 1551. La facciata dell’edificio è ornata di fregi e statue.
Rientriamo al camper. A noi questa cittadina, molto decantata dalla guida Touring, è piaciuta meno di Hoorn, alla quale la stessa guida ha dedicato una minore attenzione.

Sabato 3 agosto
Il carillon della torre Dromedaris non ha smesso di suonare ogni mezz’ora per tutta la notte. Abbiamo avuto il sonno disturbato e poco riposante. Il breve spostamento che abbiamo in programma è pensato per avere la chiesa cattolica non troppo lontana dal campeggio e per poterla raggiungere anche a piedi in caso di brutto tempo. Ci rechiamo a Egmond aan Zee. Purtroppo nel campeggio individuato, non c’è posto. Allora scegliamo di andare nella città di Alkmaar e di sostare nel suo campeggio omonimo, che è molto grande.
Di pomeriggio raggiungiamo a piedi la chiesa di San Pio X per verificare se domani alle ore 9.30 c’è la celebrazione della messa, come scritto nel sito della diocesi. La chiesa è chiusa e fa parte di una casa di riposo per anziani. Chiediamo all’addetta alla reception se domani c’è la messa. La signora fatica a capire e poi dice che la messa è alle ore 10.00.
Volendo visitare la città e nell’incertezza dell’ora, cerchiamo su Google un’altra chiesa, possibilmente vicina al centro. Troviamo la chiesa di San Lorenzo, che dista dal campeggio due chilometri e mezzo. La messa è alle ore 11.00.

Domenica 4 agosto
Con l’autobus n.866, che prendiamo fuori dal campeggio, arriviamo alla stazione di Alkmaar. Accanto alla sua entrata c’è un enorme posteggio per biciclette che forma una muraglia ferrosa. Le biciclette sono il mezzo terrestre più usato nell’arco di una decina di chilometri, come minimo. Sono le ore 10.00. Con calma ci avviamo verso la chiesa cattolica di San Lorenzo, che stadalla parte opposta della stazione rispetto il centro. Le strade sono ancora inanimate. Incrociamo solamente i possessori dei cani e qualche sparuto ciclista. I negozi sono ancora chiusi e dai locali, non ancora aperti, esce il vociare del personale, che sta iniziando la sua giornata lavorativa.
Passiamo accanto alla Sint Laurens Kerk. La chiesa di culto protestante è chiusa. E’ un grande edificio di stile tardo-gotico, che non svolge più la funzione religiosa; ospita mostre temporanee. Proseguiamo per la via pedonale e giungiamo davanti allo Stadhuis. Esso è un elegante palazzo, con una doppia scalinata che conduce all’ingresso. A lato della facciata s’innalza la torre, slanciata anche se non molto alta. Su questa via si affacciano molti bei palazzi. Superiamo il canale, dove un tempo sulla sua riva si teneva il mercato del pesce. La vecchia fontana è datata 1765.
Alle ore 10.40 entriamo nella chiesa di san Lorenzo. E’ una costruzione recente di stile gotico moderno. Ci prepariamo alla messa, leggendo nel nostro libretto le letture.
Terminata la funzione, dopo il pranzo economico, completiamo la visita della città recandoci all’Het Hollands Kaasmuseum, il museo del formaggio. Esso è ospitato nel maestoso edificio, sorto nel 1341 come Cappella del santo Spirito e poi convertito nel XVI secolo in pesa pubblica. Le città di Alkmaar, Edam e Gouda sono famose per essere da secoli i mercati del formaggio. Il museo è interessante. Insieme al biglietto ci offrono l’assaggio di due tipi di formaggio. Sono piccole confezioni, che Paola mette in borsa. Al primo piano sono esposte alcune macchine che si usavano per la produzione dei gustosi caci. Un filmato illustra le fasi della lavorazione. Fino verso la fine del 1800 il latte era pagato agli allevatori al litro. Poi, grazie agli esami di laboratorio, che sono stati in grado di valutare le quantità di grasso e di proteine, il latte fu pagato in base alla sua qualità, ed è tuttora così. Esso è lavorato a crudo alla temperatura di 29°C. Poi s’inserisce la cagliata, il coagulo è poi tagliato. Si toglie il siero, il formaggio è messo nelle forme e pressato. In seguito sta per qualche tempo in salamoia. Generalmente questo formaggio si consuma fresco dopo due o tre mesi. Il cacio semi stagionato è invecchiato sei mesi, quello stagionato riposa fino a diciassette mesi. Al termine del processo le forme sferiche un po’ schiacciate ai poli sono ricoperte di cera e da una pellicola di paraffina, rossa se il formaggio è destinato all’esportazione, gialla se il formaggio è per il consumo interno. Il formaggio ha un gusto delicato ed è molto nutriente e calorico. Infatti, contiene il 25% di proteine e il 40% di grassi.
Al secondo piano sono esposti gli strumenti più antichi usati nella lavorazione e c’è anche una sezione interattiva dedicata ai più piccoli. Ci sentiamo bambini, selezioniamo la lingua inglese e giochiamo un po’.
Terminata la visita del museo, usciamo. La piazza, dove una volta la settimana si tiene il mercato del formaggio, è gremita di persone, accalcate di fronte al palco imbandierato con palloncini rossi, bianchi e blu. Il folclore è reso ancora più autentico con lapresenza di due “olandesine”.Lo speaker presenta il Campionato Europeo di Ciclismo che si terrà nel prossimo weekend. Ora ci addentriamo nella città vecchia, racchiusa dentro un circolo di canali, che un tempo bagnavano la base della cinta muraria. Passeggiamo, lungo vie strette, lontani dalla ressa dei turisti. Il silenzio ci parla di pace. Con calma ritorniamo sui nostri passi. Giunti in prossimità della stazione, decidiamo di fare un ultimo sforzo. Torniamo in campeggio a piedi. Nel piccolo canale che attraversa il campeggio, una gallinella d’acqua e i suoi pulcini stanno nuotando. Ci fermiamo sul ponticello a osservarla. L’uccello ha un bel piumaggio nero nella parte anteriore del corpo. Il becco è giallo, alla sua base c’è uno scudo rosso. Le sue ali presentano una striscia di penne bianche, così è bianco il suo posteriore. I pulcini sono invece completamente neri. Quando si accorge della nostra presenza, la gallinella emette un acuto richiamo e, allungando le sue lunghe dita, si affretta a nuotare a scatti verso il folto del canneto, dove ha il nido, seguita dalla sua nidiata.

Lunedì 5 agosto
Il cielo si presenta nuvoloso, ma le previsioni meteo ci rassicurano. Decidiamo di rimanere un altro giorno ad Alkmaar e di trascorrere una giornata naturalistica. Giuseppe organizza la gita, sarà di circa 25 km. Mentre prepariamo le biciclette, come ieri sera, riceviamo la visita di alcuni anatroccoli. Uno dopo l’altro, arrivano nella nostra piazzuola a mangiare un po’ di erbetta fresca e umida. Sono tre femmine e un giovane maschio, che riconosciamo per le sue penne remiganti, che terminano con il colore blu orlato di bianco. Con le loro zampette arancioni si muovono scodinzolando. Non si spaventano per la nostra presenza, però stanno a distanza di sicurezza. A mezzogiorno pranziamo con due frutti e poi ci mettiamo in sella. La gita è un giro che da Alkmaar ci porterà a Bergen aan Zee, sul Mare del Nord e da lì attraverso altre ciclabili torneremo in campeggio.
Il primo tratto di strada lo percorriamo tra fertili polders. Il vento, che spira dal mare è talmente forte, che non è smorzato dalle dune. Lo abbiamo contro. La pedalata è pesante, soprattutto quando siamo investiti dalle violente folate. Bergen aan Zee è un borgo di villeggiatura immerso nel bosco, poco distante dalle dune. Qui la ciclabile ci introduce nella Noordhollandsch Duinenreservaat, la riserva naturale della costa, costituita dalle dune e dalla spiaggia bagnata dal Mare del Nord. Il paesaggio è incantevole. La finissima sabbia, illuminata dal sole, ha riverberi accecanti. Il verde intenso della vegetazione, che sta colonizzando le dune, fa sembrare ancora più bianca la sabbia. Nel cielo azzurro le rade nubi corrono veloci, mentre qui in basso le folate non si avvertono quasi più. La ciclabile è molto animata. Le soste si susseguono, perché c’è tanto da fotografare. In fondo a una discesa troviamo tre mucche Highlander, ferme ai margini della pista. Sono vacche di grande taglia, dalla corporatura possente. Originarie della Scozia, sono ricoperte da un folto e ispido pelo di colore rossiccio. Hanno lunghe corna, che incutono un certo timore. Sono invece piuttosto mansuete. Le possiamo avvicinare senza che si scompongano. Poco più avanti, in una conca erbosa, vediamo pascolare dei cavalli selvatici. Sono i tipici bai, dal mantello marrone e con la criniera e la coda nere.
Dopo un’altra salita e una discesa, arriviamo in un posteggio. Qui si può valicare la duna e raggiungere la spiaggia. Il Mare del Nord oggi ha un colore scuro che la bianca cresta delle onde rende meno tetro e inquietante. In questo momento c’è bassa marea. La spiaggia, già ampia è ancora più vasta. La percorriamo fino a toccare l’acqua. Sulla spiaggia umida Giuseppe disegna una bicicletta. Mentre torniamo verso le nostre due ruote, osserviamo la pulizia della spiaggia. Nonostante la presenza di un certo numero di bagnanti, non ci sono rifiuti sparsi. La civiltà di un popolo si vede anche dal rispetto che esso ha per l’ambiente.
Riprendiamo il nostro giro. Passiamo per Bergen aan Zee, più avanti entriamo in un’altra Riserva Naturale, la Schoorlje Duinen, le cui dune più prossime al mare sono mobili. Più all’interno si sono stabilizzate con la crescita del bosco. Il profumo intenso della resina e l’ombra della pineta sono di grande ristoro. Anche in questa zona il percorso è impegnativo: ripide salite e discese si alternano in continuazione. Allontanandoci dal mare, il bosco diventa misto e poi si muta in un querceto. Terminato il bosco, ci troviamo a un trivio. Breve sosta per orizzontarci. Seguiamo la direzione Bergen. Superato questo paese, lungo la strada che ci riporta ad Alkmaar troviamo il furgone di un agricoltore che vende ciliegie. Ci fermiamo. Sono grosse e scure. Hanno un aspetto davvero invitante. Ce ne offre due di assaggio. Sono dolci e polpose. Compriamo una vaschetta da mezzo chilo.
Un’ora dopo il nostro rientro il tempo cambia in modo repentino: inizia a piovere.

Martedì 6 agosto
Oggi ci spostiamo di alcuni chilometri, poco più di centotrenta. Lasciamo il Noord Holland per raggiungere le Nuove terre del Nord. Da Alkmaar seguendo una strada statale raggiungiamo l’autostrada A7, che ci conduce fino all’estrema punta della regione e prosegue per altri trenta chilometri sulla diga che separa il Waddensee dall’IJsselmeer. A metà diga ci fermiamo in una zona commemorativa e panoramica. L’Afsluitdijk è stata progettata e costruita per difendere le terre della Frisia Orientale strappate al Waddensee dalle sue burrasche. Sulla diga troneggiano due statue: quella di Cornelius Lely (1854-1929) e quella in memoria delle migliaia di operai, che pietra su pietra la edificarono. Lely era figlio di una numerosa famiglia di commercianti cerealicoli. Da giovane accompagnò spesso suo padre nei viaggi di lavoro, ebbe così la possibilità di assistere alla costruzione di grandi opere, come l’escavazione del canale del Mare del Nord. Divenne ingegnere civile presso l’università di Delft. Lavorò come tecnico nel Ministero dei trasporti e della Gestione delle Acque, dove collaborò alla stesura del progetto di connessione delle foci del Reno, della Mosa e della Schelda con canali artificiali. Partecipò anche a diversi progetti di bonifica. Nel 1891 divenne ministro del dicastero, dove lavorava come ingegnere. Elaborò il progetto dell’Afsluitdijk, che fu realizzato fra il 1927 e il 1932. La diga è stata inaugurata nel 1933 dalla regina Guglielmina. Per la costruzione della diga sono stati impiegati più di 5000 uomini, più di 100 navi, 11 pontoni, 16 milioni di metri cubi di sabbia, 23 milioni di metri cubi di massi e molto altro materiale, come cemento e ferro. La diga è soggetta a continue manutenzioni e ampliamenti. All’ora di pranzo arriviamo a Makkum. E’ un piccolo paese dedito alla pesca e al turismo sull’IJsselmeer. Vediamo in azione la chiusa che mette in comunicazione il mare con il canale che attraversa il paese. Il genio di Leonardo da Vinci ha fatto scuola! Makkum si presenta modesta e semplice. Interessante è la costruzione edificata come cappella nel 1698. Bella è la sua torre. Nel canale, che taglia il centro, galleggia una casetta col tetto di paglia, è il rifugio delle oche selvatiche. Ci sono anche dei negozi. Quelli delle biciclette incuriosiscono Giuseppe, uno, che vende cotone e lane, interessa Paola, che non resiste alla tentazione e compra dei filati, che diventeranno manufatti per le sue nuore.
Il nostro viaggio prosegue. Transitiamo dalla cittadina di Harlingen, porto industriale e punto di partenza dei traghetti diretti alle Isole Frisone e giungiamo a Sint Annaparochie. Superato il paese, dietro la diga che difende il territorio dalle burrasche del Waddensee, sostiamo in località Zwarte Haan (gallo nero), presso l’area camper messa a disposizione dal ristorante omonimo.

Mercoledì 7 agosto
Un forte scroscio di pioggia ci sveglia alle ore 5.00. E’ già chiaro, La vita saluta il nuovo giorno. Si ode l’insistente tubare delle tortore, il pigolio dei pulcini nascosti tra le canne del canale, lo starnazzare delle anatre in volo, che di mattina migrano dalla costa verso i canali più interni e di sera ritornano indietro. Chiudiamo gli oblò e continuiamo a dormire. Ci alziamo alle ore 9.00 in forma per la nuova gita, che abbiamo programmato. Il vento soffia con raffiche violente. Giuseppe decide di invertire il senso del giro, così da avere il vento contro nella prima parte della gita e di sfruttare il vento a favore quando siamo più stanchi. Paola è perfettamente d’accordo. Indossiamo i caschetti e partiamo. Usciti dall’area camper, svoltiamo a destra e pedaliamo sulla strada che è tracciata alla base della diga. Percorse poche centinaia di metri, sostiamo presso una statua e saliamo sulla diga. Un cartellone scritto in olandese illustra la storia di quest’opera ingegneristica. Capiamo che la prima diga è stata costruita tra il 1505 e il 1508. Si è poi lavorato all’opera anche nei secoli successivi. L’ultimo intervento risale agli anni ’30 del XX secolo. La statua è in onore delle migliaia di uomini, che con tenacia e sprezzanti del pericolo, hanno eretto l’alto sbarramento. In quest’ora del giorno, sono le 11.00, c’è bassa marea. Vediamo il mare lontano, preceduto dall’umido bagnasciuga, nel quale sono ancora presenti qua e là delle pozze d’acqua. Riprendiamo le biciclette ed entriamo in una stradicciola. Giuseppe dice: “Questa stradina è aperta anche ai veicoli.” Paola risponde: “Chi mai passerà da queste parti!” Ed è subito smentita. Infatti, nell’arco di qualche minuto incrociamo due automobili. Poi pedaliamo in completa solitudine. Solo le rondini ci fanno compagnia, Volano radenti il suolo, poi s’innalzano fino alla sommità della diga per poi ridiscendere in picchiata, inebriate dal vento. Alcune sembrano giocare con noi. Ci sorprendono venendo da dietro, ci sorpassano e ci tagliano la strada passando a circa mezzo metro dalle nostre ruote. Un cancello e una griglia blocca animali ci introducono in una zona destinata al pascolo. Pecore ovunque, anche nel cielo, dove cumuli bianchi e grigiastri corrono veloci. Le prime quattro pecore che incontriamo sono sul ciglio della strada. Ci guardano, belano e poi iniziano a correre davanti a noi. Ogni tanto l’ultima del gruppo si ferma, si volta indietro, bela e riprende a correre dando la carica alle altre. Noi le seguiamo. Raggiungono la loro fattoria e si uniscono al gregge. Alcune pecore, impavide, affrontano il vento e pascolano sulla sommità erbosa della diga. Altre brucano indifferenti al nostro passaggio. Qualcuna è sdraiata e dorme. Altre ancora, sono accovacciate e ruminano. Di queste alcune sono vigili e pronte ad alzarsi e ad allontanarsi dal ciglio della strada, altre invece abbassano lo sguardo. E’ come se pensassero, “io non li guardo, loro non mi vedono.” Tra le tante pecore c’è sempre quella nera. La troviamo anche qui. La pecora nera ha la fama di essere la peggiore del gruppo, però questo non è sempre vero. Forse è solo quella che vuole distinguersi rifiutando ogni omologazione. I pascoli si susseguono cancello dopo cancello. Il vento ci butta in faccia l’odore degli ovini. Dopo undici chilometri, svoltiamo a sinistra, superiamo un ponticello e ci allontaniamo dalla diga. Ora il vento spira di lato ed è meno fastidioso. I polders che attraversiamo sono coltivati. Alcuni sono stati mietuti da poco. Il profumo della paglia è intenso. In altri ci sono estese coltivazioni di patate. Percorsi un paio di chilometri svoltiamo ancora a sinistra, ora è facile pedalare, col vento a favore è come se avessimo l’e-bike. La velocità aumenta notevolmente, le gambe, nonostante ciò, si rilassano.
Dopo tanta campagna e fattorie isolate, entriamo nel paese di Sint Jacobiparochie, gemellato con Santiago di Compostela. Proseguiamo senza fermarci fino a Sint Annaparochie. Qui compriamo il pane e il cavetto per ricaricare il cellulare di Paola, perché quello che ha si è rotto.
Ora abbiamo ancora qualche chilometro davanti a noi. I primi sono con il vento laterale, gli ultimi due con il vento contro. Che fatica! Giunti al camper, pranziamo con della frutta. Verso sera udiamo il canto del gallo, non sappiamo se è il Gallo Nero, ma sembra invitarci al ristorante. Diffidando della cucina olandese, su internet guardiamo i piatti proposti. Sono portate sfiziose, cucinate con prodotti del territorio coltivati mediante l’agricoltura biologica o provenienti dal commercio equosolidale. Il loro prezzo è abbordabile. Alle ore 18.45 ci rechiamo al ristorante. Ottima cena.

Giovedì 8 agosto
Lasciamo Zwarte Haan e ci dirigiamo a Lauwersoog. Transitiamo per una zona poco popolata, tutta dedita all’agricoltura. Sulla strada incrociamo diversi trattori, nei polders si sta lavorando. Il paesaggio è un quadro giallo e verde, declinato nelle loro tonalità. Il colore più lucente è il giallo del frumento non ancora mietuto, che contrasta con il giallo più scuro della segale e l’ocra della soia. Tra i polders gialli spicca il verde vivo del mais, cresciuto e in fiore, quello scuro quasi violaceo delle foglie delle barbabietole e il verde chiaro degli erbai. Tutti questi campi sono piccole isole comprese nella fitta rete dei canali, che s’intersecano perpendicolarmente, celati dalle canne. Giunti a Lauwersoog, ci fermiamo in uno stallo libero della piccola area camper Lauwersmeer. Posteggiamo proprio sulla riva del lago artificiale, che appartiene al Parco Nazionale Lauwersmeer. Il lago è stato realizzato nel 1969 mediante lo sbarramento di un braccio del Waddensee. Il progetto era stato deciso dopo le disastrose alluvioni del 1953. L’acqua del lago si è, nel tempo, dolcificata, avendo un fiume immissario e solo un piccolo sbocco verso il mare, regolato dalle chiuse della diga. La barriera ha modificato l’ecosistema. Sono mutate la fauna ittica e quella dei volatili.
Dopo pranzo programmiamo il pomeriggio. Escludiamo il giro in bicicletta a causa del vento impetuoso, che se colpisce di lato rischia di farci cadere. Optiamo, invece per una camminata. Percorriamo per un breve tratto la ciclabile ai piedi della diga, poi saliamo sulla sua sommità e la seguiamo fino al cancello che introduce in un pascolo. Il pieno di pecore lo abbiamo fatto ieri, perciò scendiamo dalla diga dalla parte verso il mare. Torniamo un po’ indietro e ci incamminiamo lungo la strada che conduce al porto peschereccio. Le navi ormeggiate sono numerose e colorate. Sul fondo della strada troviamo i magazzini frigoriferi, dove è conservato il prodotto ittico pescato e scaricato. Alcune casse piene di ostriche sono in attesa di essere stoccate. A Giuseppe viene l’acquolina in bocca.
Rientrati al camper troviamo ad accoglierci un cormorano, appollaiato sul palo di legno immerso nell’acqua proprio di fronte al nostro mezzo. Il cormorano è un uccello di grandi dimensioni. La sua apertura alare può superare il metro e mezzo. L’esemplare che osserviamo è adulto. Infatti, i pulcini si distinguono per avere il ventre coperto di piume bianche. L’animale è fermo, in attesa di avvistare la preda con la sua ottima capacità visiva, che rimane inalterata anche sott’acqua, perché il suo occhio possiede una terza palpebra trasparente, che sott’acqua funge da maschera. Buon nuotatore, grazie al suo efficace apparato respiratorio, può rimanere in apnea fino a tre minuti, però non potendo impermeabilizzare bene il suo piumaggio, generalmente i suoi tuffi non superano il minuto. Quando riemerge, cerca di appollaiarsi su rami, pali, scogli, per distendere le ali, così da asciugare le penne. Giuseppe in tutta fretta monta sulla fotocamera il teleobiettivo e dà sfogo alla sua passione, fino a quando il cormorano si tuffa in acqua e sparisce ai nostri occhi.

Venerdì 9 agosto
Piove a dirotto. Il giro in bicicletta che abbiamo programmato lo scartiamo. Con il camper raggiungiamo la postazione di birdwatching del Parco Nazionale. Il capanno di osservazione non è vicino allo specchio d’acqua dal quale giungono i versi delle oche selvatiche. Due esemplari sono però sul prato intorno al capanno. Le oche selvatiche sono chiamate anche cinerine per il colore del loro piumaggio che tende al grigio cenere. Bella è la nota di colore del becco arancione, che ravviva la loro livrea.
Mentre saliamo sul camper, vediamo due lepri correre velocemente nel prato e nascondersi nell’erba alta al riparo delle canne.
Le seconda tappa della giornata la facciamo a Pieterburen. Visitiamo lo Zeehondencentrum. E’ l’ospedale delle foche. Qui sono ricoverati i cuccioli rimasti orfani o malati o feriti, che sono trovati sulle spiagge del Mare del Nord e delle Isole Frisone. La visita è molto istruttiva, perché non solo illustra tramite due interessanti filmati e con dei cartelloni le fasi del soccorso, della cura e della riabilitazione degli animali, fino alla loro nuova liberazione in mare, ma denuncia le responsabilità dell’uomo nei confronti del degrado ambientale. Reti abbandonate, materiale plastico, vetri e metalli, imbrigliano e feriscono gli animali. I liquami e gli scarichi industriali li infettano e avvelenano, se non direttamente attraverso la catena alimentare. Vediamo poi da vicino i cuccioli. I più piccoli, salvati da pochi giorni, sono tenuti in isolamento. Li osserviamo attraverso dei finestroni. Essi sono ancora alimentati con il biberon. Nella fase due, i cuccioli sono messi in vasche aperte. Qui nuotano e imparano a nutrirsi, afferrando i pesci che sono lanciati nell’acqua. Infine nella terza fase, i cuccioli, completata la cura e diventati già abbastanza grandi, così da poter vivere autonomamente, sono reintrodotti nel loro ambiente naturale. Domani alcuni esemplari saranno riportati in mare, così è scritto nel calendario delle cure.
Il centro è dotato anche di un orto botanico, con la flora erbacea tipica di questa zona umida. Accanto alle piante conosciute, come il frumento, il trifoglio e la camomilla, ne troviamo altre delle quali conosciamo poco o ci sono sconosciute. Diffusissima è la Prunella vulgaris, il cui nome deriva dal termine tedesco, che indica la tonsillite, anticamente curata con questa pianta. Essa ha un colore bruno, il suo fusto termina con un’infiorescenza apicale a forma di spiga.
Attira la nostra attenzione, la macchia fiori gialli, dell’aiuola che c’è lì accanto. Il loro nome è davvero curioso: Pulicaria dysenterica. Il nome descrive le due peculiarità della pianta. Le piante del genere Pulicaria hanno proprietà antipulci; la specie dysenterica ha anche la capacità medicamentosa contro la dissenteria.
Un’altra bella macchia di colore è data dai fiori rosa dell’Epilobium hirsutum, così chiamato perché le sue foglie sono ricoperte da una folta peluria.
La terza tappa della giornata è la città di Groningen. Da Pieterburen attraverso strette strade di campagna raggiungiamo la nazionale N361. Questa dopo una decina di chilometri è interrotta, perché stanno rifacendo il manto stradale. Le indicazioni della deviazione obbligatoria sono chiare. Attraverso altre strade secondarie arriviamo in città. Qui il navigatore ci guida al campeggio Stadpark.

Sabato 10 agosto
Ci alziamo tardi. Vento e scrosci di pioggia non danno tregua per tutta la mattina. Poi verso mezzogiorno s’incomincia a vedere un po’ d’azzurro. Dopo pranzo, a piedi ci rechiamo in città. Il campeggio, che è situato nel parco cittadino, dista dal centro quasi cinque chilometri. Attraversiamo il parco costeggiando il suo laghetto, poi con un sottopasso passiamo la tangenziale sud, transitiamo sul ponte sopra la ferrovia e poi su quello dell’Eem Kanaal, il canale che collega la città col mare dl Nord. Groninga fin dal XII secolo ebbe una grande importanza come città commerciale. Oggi la città riveste un ruolo industriale oltre che commerciale. E’ sede del più grande zuccherificio d’Europa ed è il centro di produzione e smistamento del gas naturale estratto dal sottosuolo. Il centro si presenta con un’elegante cintura di palazzi ottocenteschi. Entriamo nella zona pedonale e arriviamo nella piazza Vismarkt, dove svetta il campanile dell’A-Kerk, alto 76 metri. In questo luogo, nel Medioevo, c’era una cappella intorno alla quale sorgeva il quartiere dei pescatori e dei commercianti. La cappella fu ricostruita più volte e nel XV secolo fu edificata in mattoni. Nel 1710 la torre crollò, però fu subito ricostruita. Il colore giallo oro delle finestre e della parte alta della torre è stato fatto nel 1982, per ripristinare la tinta del progetto originale. L’interno ha la navata divisa in due parti. L’organo è stato suonato anche dal giovane Johann Sebastian Bach.
Seguendo la via dello shopping, arriviamo al Grote Markt, oggi occupato dal grande mercato settimanale. Giriamo tra le bancarelle. Bellissime per la loro cromaticità sono quelle che vendono i fiori. Nonostante i prezzi, non troppo economici, sono gettonatissime. Una bancarella ci stupisce. Vende solo patate di tantissimi tipi. Qui sono degli specialisti dei tuberi. Ogni patata deve essere cucinata secondo il suo utilizzo. Come? Per noi è impossibile saperlo, perché tutto è scritto solo in olandese. Per noi le patate sono patate!
Nella piazza è impiantata una grande gru, che solleva in aria una piattaforma che è un bar. Col vento di oggi essa oscilla terribilmente, mentre gira lentamente su se stessa per mostrare a 360° la visione della piazza sottostante e dei suoi più importanti edifici. Noi osserviamo dal basso lo Stadhuis, costruito nel 1810 in stile neoclassico e la Martinikerk, di stile gotico. Il suo campanile è alto 96 metri. Quando nel 1594 i protestanti conquistarono la città, la chiesa divenne la loro cattedrale. Essi distrussero l’altare maggiore e quelli delle cappelle laterali appartenenti alle diverse corporazioni. La chiesa non fu però soggetta all’iconoclastia, così ancora oggi conserva gli affreschi di cui era ornata.
Lentamente ci avviamo verso la cattedrale cattolica di San Giuseppe, dove alle ore 17.00 partecipiamo alla messa prefestiva. La chiesa, costruita nel XIX secolo, è in stile neogotico. Entriamo e qui sentiamo la presenza del Signore, perché lo sguardo è subito indirizzato verso l’altare maggiore. La sua pala è formata dalle statue lignee dei dodici apostoli, che fanno da corona al tabernacolo.
Puntuale inizia la celebrazione eucaristica, poliglottica. La messa è celebrata in lingua inglese, la prima lettura è letta in francese, l’epistola in spagnolo, i canti sono in latino. Gli avvisi sono dati in olandese. Noi seguiamo la messa sul nostro libro, in italiano.
Terminata la liturgia con un’altra lunga camminata, torniamo in campeggio. Oggi non abbiamo pedalato, ma non ci siamo risparmiati. Abbiamo fatto 17.108 passi, pari a undici chilometri e mezzo. L’oscurità scende alle ore 22.00. Non vedremo però le stelle cadenti, perché il cielo è coperto, però i nostri desideri li abbiamo affidati ai cuori dei nostri cugini Andrea e Anna che, imbarcati sulla motonave Ghibli, dal porto di Cervia Milano Marittima guarderanno il cielo in mezzo al mare.

Domenica 11 agosto
Il tempo tempestoso di pioggia e soprattutto vento non dà tregua. Con questa condizione climatica non è possibile metterci in sella e fare la lunga gita che abbiamo programmato. Decidiamo di spostarci di circa 80 km e di raggiungere il paese di Giethoorn. Scelta oculata. Infatti, appena ci immettiamo nell’autostrada A7 in direzione Amsterdam, inizia a piovere. All’incrocio con l’autostrada A32, l’indicazione poco chiara del navigatore ci fa sbagliare lo svincolo. Invece di immetterci in direzione Zwolle, seguiamo quella Leeuwarden. L’errore ci costa in tutto sedici chilometri in più. Ritornati sulla retta via, usciamo a Giethoorn e seguendo le indicazioni raggiungiamo l’area camper Haamstede. E’ un’ariosa area lungo il canale che collega l’IJsselmeer con l’entroterra.
La passeggiata pomeridiana ci porta a visitare il borgo di Giethoorn. Camminiamo per un paio di chilometri lungo il canale. Sulla sponda, che percorriamo, si affacciano B&B e fattorie, che coltivano mais, patate e tabacco. Sulla sponda opposta sono direttamente sull’acqua eleganti ville, che si sono ritagliate delle darsene per ormeggiare le barche. Quando giungiamo al ponte levatoio che ci permette di attraversare il canale, dobbiamo fermarci. Esso è alzato per lasciare transitare alcune imbarcazioni. La strada sbarrata, alzata verso l’alto è sempre uno spettacolo.
Giethoorn è un borgo molto pittoresco e antico. I suoi edifici col tetto di paglia sorgono ai bordi di una fitta rete di canali. Alcune case sono piccole, altre sono molto più grandi. Tutte sono ben curate e hanno magnifici giardini fioriti e con alberi da frutta. Gli stretti ponticelli a schiena d’asino collegano le molteplici isolette. Il paesaggio è incantevole. L’atmosfera silenziosa è ogni tanto interrotta dal fruscio delle piccole barche che solcano i canali, dai trilli degli uccelli che volano di ramo in ramo, dal canto di un gallo e dal belato di due pecore. Questo paesino sorge ai margini del Parco Nazionale Weerribben-Wieden, in una zona molto paludosa, dove un tempo si sfruttavano le torbiere.
Tornando verso l’area camper troviamo morto sulla strada un piccolo rettile, è una biscia d’acqua detta anche dal collare, per l’anello giallo che ha dietro la testa. L’animale, lungo circa venti centimetri, era un giovane esemplare. Infatti, da adulto la sua lunghezza può superare il metro. Questo serpentello innocuo, perché non velenoso, non è riuscito a vivere la sua vita.

Lunedì 12 agosto
Il vento non dà tregua. Decidiamo di iniziare il viaggio di ritorno. A metà mattina, partiamo. I primi chilometri li percorriamo su stradine, che costeggiano dei canali. Siamo immersi nel verde dei polders. Un bel modo per salutare i Paesi Bassi, che ci hanno donato una vacanza riposante e ricca di sorprese naturalistiche e culturali. Poi ci immettiamo in autostrada e continuiamo il viaggio passando da una grande arteria all’altra, da una regione all’altra, fino a entrare in Belgio.
Qui troviamo il primo rallentamento nel superamento della città di Anversa a causa dl traffico intenso. Moderiamo ancora la velocità presso Waterloo a causa di un cantiere stradale, che riduce le corsie dell’autostrada.
Dopo 355 km arriviamo a Thieu, dove sostiamo lungo il Canal du Centre, in un posteggio in cui è tollerata anche la sosta notturna. Non siamo soli. Oltre a un altro equipaggio italiano, ci sono due camper francesi, uno britannico, uno spagnolo e alcuni olandesi.
La sosta in questo paese non è casuale, l’abbiamo programmata, perché qui c’è un’opera d’ingegneria idraulica, che l’UNESCO ha proclamato patrimonio dell’umanità. Sono gli ascensori d’acqua. Thieu è un comune della Vallonia, il cui nome significa “luogo in collina”. Infatti, in origine il centro sorgeva sulle due sponde scoscese del fiume Thiriau. Per mettere in comunicazione il bacino idrografico della Mosa con quello dello Schelda, che hanno un dislivello di 73 metri, sono stati costruiti nel 1882 quattro ascensori. Nel 1977 è iniziata l’escavazione di un altro canale per consentire il transito delle chiatte di grande stazza. Questa seconda opera provocò notevoli disagi al centro abitato, che dovette assistere all’abbattimento di numerose case, tra cui il municipio. Nel 1997 il Canal du Centre fu ultimato e il nuovo ascensore entrò in funzione. Dopo aver posteggiato il camper, vediamo transitare sul canale la chiatta Geronimus. Essa sta navigando verso l’ascensore. Ci attiviamo. Camminando di buon passo la seguiamo lungo l’alzaia del canale. Arriviamo all’impianto. La chiatta è in attesa di entrare nell’ascensore. Esso è un bacino, che alzandosi farà superare al natante il dislivello presente tra i due canali dei due differenti bacini idrografici. La chiatta entra nel bacino. Il suono della sirena dà inizio alle operazioni. Dietro la sua poppa è chiusa la paratia stagna. Nel bacino è pompata dell’acqua. Quando il livello dell’acqua raggiunge una determinata altezza, entra in azione l’ascensore. Il bacino, dentro il quale galleggia la chiatta, inizia lentamente ad alzarsi, mentre nel frattempo dei contrappesi di cemento scendono. In sette minuti l’imbarcazione passa dal bacino inferiore a quello superiore. Il suono della sirena ci avverte che la chiatta è ormai arrivata in alto e con l’apertura della paratia che sta davanti alla sua prua può riprendere la sua navigazione. Avviene il contrario se l’imbarcazione deve scendere.
Tornando al camper ci fermiamo a fotografare il vecchio impianto, che è formato da quattro ascensori.
Verso sera inizia a piovere, poi dopo il tramonto rasserena. Thieu si specchia romanticamente nel canale.

Martedì 13 agosto
Prima di iniziare il secondo giorno di rientro, da Thieu a Kaysersberg, in Francia, terminiamo il nostro viaggio: “Due ruote tra i canali”, posando, come da tradizione, nella fotografia che chiuderà il diario della vacanza.
Domani avremo ancora più di 400 km da percorrere in Svizzera e in Italia fino a Milano.